L’inverno della natalità: Secondo i dati Istat relativi al 2022 la natalità in Italia è al minimo storico, e la mortalità resta ancora elevata: meno di 7 neonati e più di 12 decessi per mille abitanti.
Nel 2022 i nati sono scesi, per la prima volta dall’unità d’Italia, sotto la soglia delle 400mila unità, attestandosi a 393mila. Dal 2008, ultimo anno in cui si registrò un aumento delle nascite, il calo è di circa 184mila nascite, di cui circa 27mila concentrate dal 2019 in avanti.
Le cause del calo
Questa diminuzione è dovuta solo in parte alla spontanea o indotta rinuncia ad avere figli da parte delle coppie. In realtà, tra le cause pesano molto sia il calo dimensionale sia il progressivo invecchiamento della popolazione femminile nelle età convenzionalmente considerate riproduttive (dai 15 ai 49 anni).
Le aspettative di vita
La speranza di vita alla nascita nel 2022 è stimata in 80,5 anni per gli uomini e in 84,8 anni per le donne, solo per i primi si evidenzia, rispetto al 2021, un recupero quantificabile in circa 2 mesi e mezzo di vita in più.
Per le donne, invece, il valore della speranza di vita alla nascita rimane invariato rispetto all’anno precedente. I livelli di sopravvivenza del 2022 risultano ancora sotto quelli del periodo pre-pandemico, registrando valori di 6 mesi inferiori nei confronti del 2019, sia tra gli uomini che tra le donne”.
Secondo le rilevazioni demografiche dell’Istat “sebbene il rallentamento della speranza di vita delle donne rispetto agli uomini costituisca un processo ravvisabile già in anni precedenti la pandemia, quest’ultima può aver acuito il trend. L’impatto della crisi sul sistema sanitario, e la conseguente difficoltà nella programmazione di visite e controlli medici, potrebbero esser state particolarmente forti per le donne, più inclini degli uomini a fare prevenzione. Ad esempio, dai dati dell’indagine ‘Aspetti della vita quotidiana’ risulta che tra il 2019 e il 2021 la percentuale di donne che ha dichiarato di aver rinunciato a prestazioni sanitarie sia aumentata di 5 punti percentuali (dal 7,5% al 12,7%), per gli uomini tale aumento è stato invece di 4 punti percentuali (dal 5% al 9,2%)”.
Nel Nord la speranza di vita alla nascita è di 80,9 anni per gli uomini e di 85,2 per le donne; i primi recuperano circa un mese rispetto all’anno precedente al contrario delle donne che invece lo perdono. Il Trentino-Alto Adige è ancora la regione con la speranza di vita più alta sia tra gli uomini sia tra le donne, il Friuli-Venezia Giulia è invece la regione che ha registrato il maggior guadagno rispetto all’anno precedente, circa sei mesi per entrambi i sessi.
Il Centro è l’unica area per cui si registrano incrementi di sopravvivenza in tutte le regioni, anche se lievi, rispetto al 2021: per gli uomini l’incremento è dello 0,2, mentre per le donne dello 0,1. La speranza di vita più alta tra gli uomini si annota in Toscana (81,3), per le donne nelle Marche (85,4).
Anche il Mezzogiorno nel complesso fa registrare gli stessi incrementi del Centro, ma al suo interno ha una situazione più eterogenea. Si passa da regioni come Molise (solo per gli uomini) e Puglia, dove i guadagni rispetto all’anno precedente sono intorno ai 6 mesi di vita, alla Sardegna, dove la forte mortalità ha fatto sì che si sia perso circa mezzo anno di vita per entrambi i sessi. Quest’ultima è la regione dove la quota di rinunce a prestazioni sanitarie è più elevata (nel 2021 era pari al 18,3% contro il dato nazionale dell’11%).
“La Campania, con valori della speranza di vita di 78,8 anni per gli uomini e di 83,1 per le donne, resta la regione dove si vive meno a lungo. La spiegazione di fondo – spiega l’Istat – è che le variazioni congiunturali della speranza di vita che si stanno rilevando nell’ultimo triennio siano ancora fortemente correlate a quella che è stata l’evoluzione della pandemia dal 2020 in poi.
I parziali recuperi di quanto perso nel periodo più critico (che è stato diverso da regione a regione) sono dipesi sia dall’efficienza del sistema sanitario, pesantemente sottoposto a pressione, sia dalla preoccupazione che psicologicamente può aver indotto le persone (soprattutto se donne e se fragili) ad avvalersi meno che in passato dei servizi medico-sanitari”.