Emozioni senza fiumi di parole

Come le emoticon hanno fatto tacere le parole. [Mario Salis]

Emozioni senza fiumi di parole
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19 Gennaio 2015 - 08.49


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Chi avrebbe mai pensato alla fine di un idillio così indissolubile. Da rimanere senza parole. Hanno dato corpo allo stato dell’anima, ispirato opere d’arte maggiore e minori, romanzi antichi e moderni, di formazione e feuilleton, dipinti, scene di genere o semplici involucri che hanno fatto la bontà e la fortuna di gustosi cioccolatini. E’ cosi che la classifica della parola più usata del mondo ha rischiato di chiudere senza concorrenti. E’ stato invece l’ideogramma di un cuoricino a mettere in riga interi fiumi di parole.

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L’avvento degli emoticon illuminando gli angusti diplay degli smartphone, sono oggi il nuovo volto delle emozioni. Dalla penna alla macchina da scrivere, dalla radio alla televisione, dalla stampa offset a quella digitale, e non finirà qui: le emozioni non trovano il tempo di confessare angosce e debolezze ad un diario che è già domani. Miracoli o torti della tecnologia? Il trionfo della sintesi, fuso orario indiscutibile che allontana le lancette da ciò che si frappone superfluo ad una comunicazione che viaggia a velocità sostenuta.

Fu più che laconico Victor Ugo, ad informarsi presso il suo editore sulle vendite de I Miserabili, attraverso un semplice punto interrogativo corrisposto da un confortante punto esclamativo. Era solo il 1862 e la comunicazione, talvolta stravagante, non era ancora un fenomeno di massa.

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Che dice la lingua italiana? I puristi fin dal tempo dei messaggini, hanno cominciato a storcere il naso – chissà che faccine – ma il verdetto è incontestabile: 340 milioni di cuoricini scambiati in un anno, distanziati ed affaticati ovali eloquenti e manine che si sbracciano. I loro sostenitori considerano gli emoticon, con l’ausilio di studi certificati, autentici moltiplicatori dei nostri sentimenti.

Se il bilancio linguistico chiude in rosso, le previsioni intravvedono una faticosa rivincita. Il termine “oblio” rivedrà nuova luce nel 2015. A rischiare saranno le 457 lingue parlate da non più di dieci persone, il loro 90% non starà a salutare l’arrivo del nuovo secolo. La Sardegna figura addirittura sotto osservazione nel sistema universitario del Pacifico Meridionale: il Rosetta Project. Però sembra non corre soverchi rischi, notizie confortanti per il catalano di Alghero od il Gallurese di Sassari. Allora parleremo tutti l’inglese? Una lingua dominante viene stravolta dalle contaminazioni che il potere dapprima le regala.

I sogni si dimenticano nello spazio di una notte, per realizzarli non basta una vita, per raccontarli neppure poche righe . Oggi prevalgono i desideri, straordinari e illusori come i saldi di stagioni oramai mutevoli. Impoveriscono il modo di parlare e di scrivere, i nostri pensieri e forse anche per questo la Lingua è battuta proprio dove il dente duole.

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