Onorevole Anzaldi, dopo 6 mesi il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha deciso di rilasciare la sua prima intervista ed ha scelto il Tg1. Che ne pensa?
“In un momento internazionale così delicato, con la grave crisi in Afghanistan, è comprensibile la scelta del premier Draghi di parlare attraverso il tg storicamente considerato più istituzionale, ovvero il Tg1. Alcuni elementi, però, stonano e magari il premier avrebbe potuto essere meglio consigliato”, dice Michele Anzaldi, deputato di Italia Viva e componente della vigilanza Rai.
A cosa si riferisce?
“In momenti particolarmente importanti e delicati, c’è un particolare occhio di riguardo sull’organizzazione di determinate interviste. Penso, ad esempio, ad un caso che ho vissuto personalmente. Nel 1995 Francesco Rutelli, da sindaco di Roma, propose di dedicare una piazza, anzi un ‘largo’, a Giuseppe Bottai. Si sollevò un enorme polemica politica e alla fine Rutelli decise di non andare avanti. L’annuncio della marcia indietro lo fece proprio al Tg1 ma, visto il clamore e l’interesse che la vicenda stava suscitando e visto anche il carattere storico e culturale del caso, ottenni che ad intervistarlo fosse un autorevole ex direttore, Bruno Vespa, sebbene non fosse più al Tg1. Allora, infatti, il direttore era Carlo Rossella. Ecco, anche Draghi avrebbe potuto chiedere un trattamento di questo tipo, visto il forte messaggio che ha mandato sull’Afghanistan. Magari poteva provare a coinvolgere anche lui il Direttore o meglio un ex direttore come Di Bella.
Quindi è solo la scelta dell’intervistatore che non l’ha soddisfatta?
“C’è anche un altro elemento davvero poco comprensibile: dopo tutto quello che ha fatto il Tg1 in questi anni di violazioni del pluralismo confermate dai numeri del monitoraggio, dopo essere stato trasformato nel megafono di Conte, che senso ha dare la prima intervista proprio a questo tg? Se il presidente Draghi voleva dare un segnale nei confronti della tv pubblica con la sua prima uscita, avrebbe potuto e forse dovuto scegliere il tg che, numeri dell’Osservatorio di Pavia e delibere Agcom alla mano, ha rispettato più di tutti il pluralismo, ovvero il Tg3. Meno ascolti ma più qualità. Peraltro trattandosi di un testo da diffondere a tutti i mezzi di informazione gli ascolti non hanno importanza. Andare nel tg di Conte mi è sembrato un brutto segnale e una caduta di stile”.