Bene, contro tutti i bavagli. Una grande manifestazione prima del 25 settembre, giorno delle elezioni politiche, per difendere l’articolo 21 della costituzione e il diritto dei cittadini ad essere informati in modo puntuale e completo.
È la richiesta di Giuseppe Giulietti, presidente della Federazione nazionale della stampa italiana che, su «Articolo 21», scrive: «L’Italia, negli ultimi rapporti internazionali in materia di libertà di informazione è scesa ad un poco onorevole 58 posto. Come se non bastasse, la relazione annuale sullo stato di diritto, predisposta dalla commissione europea, oltre a segnalare la lunghezza dei processo, lo stato delle carceri, i tempi della detenzione preventiva, ha ritenuto di richiamare l’Italia per la mancata soluzioni delle questioni relative al carcere per i cronisti, alle querele bavaglio, alla tutela delle fonti, alla presunzione di innocenza».
E, il governo Draghi, sotto questo profilo, «non ha fatto meglio dei `governi dei peggiori´ e non è neppure riuscito a recepire le indicazioni arrivate dall’Unione, evidentemente il `ce lo chiede l’Europa´ si è fermato alla soglia dell’articolo 21 della Costituzione – aggiunge Giulietti -. La situazione potrebbe persino peggiorare, dal momento che amiche e amici di Orban, Bannon, Trump, Putin, Bolsonaro non hanno, per usare un gentile eufemismo, una particolare sensibilità in materia di libertà di informazione e non solo».
«Non sarà facile risalire la china, le premesse non sono incoraggianti. Nessuno più parla di una normativa sul conflitto di interessi, e Berlusconi potrà serenamente ricandidarsi, disponendo del suo impero e, magari, dopo le elezioni, decidendo i vertici della Rai. La Rai è tornata, grazie alle leggi Gasparri e Renzi, sotto il controllo degli esecutivi di turno, nel totale disprezzo della sentenza della Corte Costituzionale – aggiunge il presidente della Fnsi -. Chi doveva aprire le scatolette di tonno, si è limitato ad assaggiare qualche boccone. Oltre trenta cronisti sono ancora sotto scorta. «I loro molestatori si aggirano liberamente, in attesa di condanne che non arrivano. Gli annunciati provvedimenti su equo compenso, querele bavaglio, tutela delle finiti sono restate nei cassetti, servono come strumenti chiunque osi ancora illuminare le zone dell’oscurità e dell’ oscurantismo. La direttiva sulla presunzione di innocenza ha ulteriormente aggravato la situazione. La riforma dell’editoria data al 1981. Manca poco più di un mese al voto. Qualcuno vorrà almeno citare l’articolo 21 della Costituzione? Vorrà condividere i continui appelli del presidente Mattarella? Vorrà impegnarsi a recepire le indicazioni arrivate dall’Europa e dalle stesse sentenze della Cedu? Finirà l’impunità per chi continua, dentro e fuori la rete, a molestare croniste e cronisti, molti dei quali precari, senza contratto, senza assicurazione, senza diritti?», si chiede il giornalista.
«Allo stato attuale le risposte non ci sono, anzi non ci sono mai state. A questo si aggiunga un fastidio crescente verso quello che resta del giornalismo di inchiesta, con tanto di perquisizioni e intercettazioni a carico di chi cerca di segnalare mafie, malaffare, corruzione, squadrismo. Risponderanno le forze politiche a queste domande, magari prima del voto? Nell’attesa forse sarà il caso di recapitarle con una grande manifestazione pubblica promossa da tutte le associazioni della categoria prima del 25 settembre – conclude -. Non si tratta solo di difendere le ragioni d’una professione, ma anche il diritto delle cittadine e dei cittadini ad essere informati in modo puntuale e completo. Non abbiamo fatto sconti ai governi degli ultimi decenni, non lo faremo a quelli che verranno».