Carcere duro, privazione della libertà, colpa e pena. Sono i temi affrontati dall’opera “Da una casa di morti”, di Leoš Janáček, ispirata alle omonime memorie romanzate di Fëdor Dostoevskij nelle quali lo scrittore racconta la vita dei detenuti in un campo di prigionia in Siberia, dove lui stesso era stato imprigionato per quattro anni. L’ultimo capolavoro del compositore ceco, messo in scena all’Opera di Roma lo scorso maggio, è proposto da Rai Cultura in prima TV giovedì 16 novembre alle 21.15 su Rai 5.
L’allestimento, proposto in prima italiana, è firmato dal regista polacco Krzysztof Warlikowski, Leone d’Oro della Biennale Teatro a Venezia e al suo debutto operistico nel nostro Paese. Lo spettacolo è realizzato in coproduzione con la Royal Opera House Covent Garden di Londra, il Théâtre de La Monnaie di Bruxelles e l’Opéra national de Lyon. Sul podio il giovane bielorusso Dmitry Matvienko, anche lui al suo debutto operistico in Italia. Classe 1990, nel 2021 ha vinto il Primo Premio e il Premio del Pubblico alla prestigiosa Malko Competition di Copenaghen.
L’opera è un lavoro corale, in cui i personaggi emergono di volta in volta dall’anonimato per raccontare i crimini che li hanno condotti all’incarcerazione, le proprie sofferenze e le violenze subite nei gulag siberiani. A reinterpretare e restituire alla riflessione contemporanea il soggetto della detenzione punitiva del libretto, realizzato dallo stesso Janáček partendo da Memorie da una casa di morti di Dostoevskij, è ora Warlikowski che, nel corso della sua carriera, è stato insignito di numerosi premi nazionali e internazionali per la spinta riformistica del suo linguaggio teatrale. Per questo allestimento ha ricevuto nel 2019 il premio per la Miglior Nuova Produzione agli International Opera Awards di Londra.
Sul palco un cast internazionale che vede in primo piano il basso-baritono statunitense Mark S. Doss nel ruolo di Alexandr Petrovič Gorjančikov e il tenore Pascal Charbonneau nelle vesti del giovane tartaro Aljeja. Tra i tenori anche Štefan Margita (Filka Morozov), Erin Caves (Il grande prigioniero), Julian Hubbard (Skuratov), Marcello Nardis (Kedril), Pawel Żak (Il giovane prigioniero), Michael J. Scott (Šapkin), Christopher Lemmings (Čerevin) e Colin Judson (Il vecchio prigioniero), i baritoni sono Lukáš Zeman (Il piccolo prigioniero Nikita/Čekunov/Cuoco), Aleš Jenis (Il fabbro/Un prigioniero) e Leigh Melrose (Šiškov), il basso è Clive Bayley (Il direttore della prigione). Completano il cast Eduardo Niave (il prigioniero ubriaco), talento di “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma, Carolyn Sproule, unica voce femminile nel ruolo della prostituta, Maestro del coro è Ciro Visco. In linea con la produzione della Royal Opera House di Londra del 2018, la drammaturgia è a cura di Christian Longchamp e le scene e i costumi sono di Małgorzata Szczęśniak. Alle luci Felice Ross e ai video Denis Guéguin. I movimenti coreografici sono di Claude Bardouil.