La maggioranza prosegue spedita nel rinnovo dei vertici Rai, accogliendo anche la richiesta dell’opposizione di avviare rapidamente la riforma della TV pubblica. Questa apertura è stata accolta positivamente sia dal Movimento 5 Stelle che da Alleanza Verdi e Sinistra, che confermano la loro partecipazione al voto per i quattro consiglieri di nomina parlamentare, previsto alla Camera e al Senato. L’obiettivo è evitare di lasciare campo libero al governo Meloni.
Il Partito Democratico (PD), dopo una giornata di consultazioni, ha deciso invece di non partecipare al voto.
“Siamo coerenti con le nostre dichiarazioni e non intendiamo farci condizionare. Continueremo a lottare sia in Vigilanza che fuori. Non si tratta di una resa, ma di una mobilitazione ancora più decisa, fondata su una posizione di coerenza irreprensibile. Non c’è alcuna ragione di rinnovare il CdA, considerando che il governo già controlla la Rai. Sono altri che devono giustificare il cambio di posizione. Ora dobbiamo solo definire la nostra strategia comunicativa, ma la linea politica è chiara”, ha affermato una fonte interna al PD.
Tuttavia, rimane saldo l’accordo del “campo largo” di non partecipare alla votazione per il presidente della Commissione di Vigilanza, impedendo così il raggiungimento del quorum necessario per la sua elezione. Il PD continua a chiedere che si avvii prima la riforma della Rai, come ribadito dalla segretaria Elly Schlein. La pressione per iniziare l’iter è stata ribadita in mattinata da Barbara Floridia, presidente della Commissione di Vigilanza, in seguito a un mandato unanime della bicamerale.
Il presidente dell’ottava Commissione del Senato, Claudio Fazzone (Forza Italia), ha annunciato che il 1º ottobre verranno discussi tutti i disegni di legge, con l’intento di favorire un dialogo costruttivo tra maggioranza e opposizione. Tuttavia, il nome di Simona Agnes, voluta da Forza Italia per la presidenza, non viene ritenuto abbastanza imparziale dall’opposizione, che ha confermato l’intenzione di non presentarsi in aula.
È probabile, dunque, che la prima votazione porti a una bocciatura, aprendo la strada a un secondo tentativo della maggioranza, forse dopo le elezioni in Liguria, nella speranza che una parte dell’opposizione cambi idea, o alla ricerca di un presidente di garanzia, ipotesi che anche Palazzo Chigi sembra considerare, pur rischiando di compromettere gli equilibri all’interno del centrodestra.
Giovedì verranno comunque nominati i quattro consiglieri parlamentari. Fratelli d’Italia dovrebbe convergere su Federica Frangi, mentre la Lega deciderà all’ultimo tra Alessandro Casarin e Antonio Marano, entrambi candidati per il ruolo di presidente ad interim. Il Movimento 5 Stelle confermerà Alessandro Di Majo, ritenendo che abbandonare le votazioni sarebbe contrario all’interesse pubblico.
Nel frattempo, la sinistra resta divisa. “Non dobbiamo permettere che questo processo rafforzi Meloni, quindi parteciperemo”, ha dichiarato Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra. Il nome di Roberto Natale circola come possibile candidato dell’opposizione, ma resta da vedere se il PD, diviso al suo interno, deciderà di convergere o confermare la propria scelta di non partecipare, in linea con le parole di Schlein, che ha definito il rinnovo dei vertici come una “spartizione di poltrone”.