I ben informati sostengono che mesi fa un pastore protestante, amico di vecchia data di Joseph Ratzinger, gli ha scritto inorridito per la sua decisione di riportare ad Assisi i leader di tutte le religioni a pregare per la pace nel mondo. Il papa gli avrebbe risposto e quella risposta è finita su diversi blog del conservatorismo cattolico americano. Il papa vi sosterrebbe che visto che una memoria di Assisi andava comunque fatta era meglio che la facesse lui, garantendo nella maniera più assoluta che non vi fosse traccia di qualsiasi deriva sincretista.
Che questo sia vero, che sia tutto vero, è importante ma non decisivo. E’ importante perché conferma le “riserve” di Benedetto XVI sul dialogo interreligioso, ma anche la forza del dialogo interreligioso. Evitare il temuto sincretismo non può più significare evitare il dialogo, l’incontro, l’ascolto e l’azione comune.
La forza dello Spirito di Assisi sta forse anche qui, nell’impossibilità anche per chi, come Joseph Ratzinger, 25 anni fa, decise di non andare ad Assisi, di non potere non tornarci oggi, sebbene con riserve.
E’ stato il primate della chiesa anglicana e arcivescovo di Canterbury, Douglas Williams, a esprimere nel miglior modo la “forza insostituibile” di Assisi, nonostante tanto scetticismo: ”Noi non siamo qui per affermare un minimo comun denominatore di ciò che crediamo, ma per levare la voce dal profondo delle nostre tradizioni, in tutta la loro singolarità, in modo che la famiglia umana possa essere più pienamente consapevole di quanta sapienza vi sia da attingere nella lotta contro la follia di un mondo ancora ossessionato da paura sospetti, ancora innamorato dell’idea di una sicurezza basata su di un’ostilità difensiva, e ancora in grado di tollerare e ignorare le enormi perdite di vite tra i più poveri a causa di guerre e malattie”.