Ancora un suicidio per la crisi

Non sono passate 48 ore ed eccola l'ennesima vittima della recessione. A Treviso, un imprenditore agricolo si è ucciso, strozzato dai debiti. [Onofrio Dispenza]

Ancora un suicidio per la crisi
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

12 Aprile 2012 - 16.02


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di Onofrio Dispenza

Sono le 15 del 12 aprile. Globalist ha ancora in pagina la notizia del suicidio della moglie di un imprenditore edile veneto in difficoltà, quando da Treviso arriva la notizia di un altro suicidio. Avevamo chiuso l’articolo sulla donna che si è tolta la vita con un provocatorio “Alla prossima”. Non sono passate 48 ed eccola l’ennesima vittima della crisi e della recessione. Puntuale, come gli avvoltoi del credito, quando bussano a riscuotere, senza tener conto di quanti lavori non pagati abbia l’impresa debitrice della banca. A Treviso, un imprenditore agricolo si è, dunque, ucciso a distanza di due giorni dalla tragica decisione della donna, madre di tre figlie, da 26 anni lavoratrice, impiegata in un’altra azienda. L’imprenditore trevigiano non poteva sopportare le difficoltà a cui negli ultimi tempi era andata incontro l’azienda alla quale si dedicava da anni.

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Ancora un suicidio, è troppo. E’ scandaloso il sostanziale silenzio e il ritardo della risposta dello Stato a quella che, da mesi e mesi, è una vera emergenza. Stretti tra crediti non riscossi e richiami delle banche, gli imprenditori non si limitano a chiudere la saracinesca dell’impresa. Non hanno il cuore di farlo, perché magari è l’azienda di famiglia, preferiscono farla finita, per dare uno schiaffo a chi potrebbe fare qualcosa e non lo fa. Il nodo è il sistema bancario e il criminale malcostume della pubblica amministrazione a non onorare nei tempi voluti dalle regole europee il lavoro dell’impresa.

L’imprenditore che si è tolto la vita oggi era un amico personale e un collega del presidente della Confederazione dell’artigianato e della piccola e media impresa di Treviso, Alessandro Conte. E’ durissimo: “chi si è ucciso era un collega ma soprattutto un amico personale. Questa crisi ci sta colpendo duramente, nell’indifferenza e nel disinteresse di chi può e deve fare qualcosa. La pressione fiscale aumenta senza che vangano aumentati i servizi all’impresa. Continuano a prenderci per vacche da mungere mentre il Governo non riesce a mettere in campo politiche per la crescita, non taglia in modo drastico la spesa pubblica e in particolare i costi della politica per liberare risorse per l’economia. I partiti continuano a ‘mangiare’ alle nostre spalle…”.

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Gli imprenditori veneti sono sfiduciati, chiedono poche cose: che la pubblica amministrazione paghi i suoi debiti con chi ha lavorato con essa e che gli istituti di credito eroghino fidi con meno difficoltà e senza richieste vessatorie di garanzie e controgaranzie”. E’ troppo?

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