Quando ti ho incontrata ero un ragazzetto e tu già più che adolescente, ma a dispetto di ciò che avrebbe potuto dire la gente del paese ti portavo sottobraccio con orgoglio e fiero della tua presenza al mio fianco. Il nostro è un rapporto che è durato tanto, che ha inciso sulla mia vita e su quella degli altri. Ero contento quando ti vedevo accompagnarti con altre persone, no, non era una perversione, era la contentezza della condivisione, del non avere solo per sé un bene prezioso.
Tra alti e bassi è stato un rapporto che è durato a lungo, forse troppo. Avrei dovuto chiuderlo per tempo e le occasioni non sono mancate. Negli ultimi dieci-dodici anni ne avrei avute di possibilità di rompere il rapporto senza traumi, per entrambi. Invece, con testardaggine mi sono costretto a seguirti anche quando hai fatto scelte che non condividevo, quando nel tuo perenne bisogno di cambiamento hai scelto abiti che non ti si confacevano. Come quando hai indossato la minigonna senza renderti conto che non avevi il fisico e non eri fatta per quel capo di abbigliamento.
Ti ho lasciato per quasi due anni ma poi, vittima di una malattia che pensavo inguaribile, sono tornato da te. Ma ormai eri e sei un’altra. Non abbiamo più che poche cose da condividere, siamo sempre più lontani, facenti parte ormai di mondi diversi. E allora lasciamoci, ti lascio, io ormai maturo per camminare con i miei piedi senza bisogno della tua guida e della tua compagnia e tu matura signora che vivacchi sui passati splendori che purtroppo nessuno ti potrà ridare.
Ciao Unità, occasionalmente ci rincontreremo e ti porterò ancora sottobraccio, ma non sarà più come un tempo.