Sì, il rock è ancora la colonna sonora delle rivolte. Delle denunce. Dunque: siamo a Bologna, al concerto di Patti Smith. Davanti al palco – nel parco della Zucca – migliaia di persone. Giovani, giovanissimi, adulti. Non è il solito concerto, però. Non poteva esserlo perché la poetessa rock ha “dedicato” l’intera giornata alla memoria della strage di Ustica. Poche ore prima di cominciare a suonare, infatti, ha voluto visitare insieme a Daria Bonfietti, dell’associazione vittime delle stragi, il museo dedicato al Dc dell’Itavia abbattuto.
In questo clima, molti ragazzi arrivati al concerto decidono di rendere pubblica la loro rabbia per le sentenza sul G8 di Genova. Per quelle condanne contro un gruppo di (ex) ragazzi e ragazze, emesse sulla base del codice Rocco. E scrivono a mano, coi pennarelli, due cartelli. “Genova 2001”, “Ingiustizia è fatta”. La rocker li vede, dice quasi sussurrando che c’era anche lei a Genova. E allora, si fa consegnare i due cartelli e li innalza. Dal palco.
Ma non è finita. Patti Smith vorrebbe citare Carlo Giuliani. Ma non le riesce di pronunciare il nome del ragazzo, assassinato dai carabinieri. Così consegna il microfono ad una donna, sotto il palco. Quest’ultima cita Carlo Giuliani e, sempre su invito di Patti Smith, spiega perché, dieci anni dopo quel movimento, le sentenze di pochi giorni fa suonino come una vendetta dell’establishment.
A questo punto, mentre cinque, seimila persone applaudono, si sente una voce. Isolata, di un ragazzo. Che urla: “Fateci sentire il concerto”. Nessuno gli bada, ma Patti Smith lo sente. E capisce cosa voleva dire. La cantante allora riprende il microfono e spiega in un inglese comprensibilissimo: vuoi sentire il concerto? Ma la musica non è altra cosa da quello che accade nel mondo. La musica è un modo per raccontarla…
Il Parco della Zucca, esplode in un appaluso, lungo, interminabile. Sì, il rock è ancora la colonna sonora delle ribellioni.