“Dari a manu o mortu” non è proprio “Dare la mano al morto”, ma avvicinarsi alla famiglia del defunto e dare loro la mano, che è l’unico modo di rendere l’ultimo omaggio ad una persona che si conosceva ed è venuta a mancare. La frase dialettale rende l’idea del rapporto che in Sicilia c’è con la morte e con i morti.
La Vigata di Andrea Camilleri è laggiù e il padre del commissario Montalbano potrebbe inserire in una sua storia quello che andiamo a raccontare. Favara, in provincia di Agrigento, distante dalla città dei templi tanto quanto Vigata, che però è sul mare. Qui siamo nell’entroterra, paese un tempo di zolfatare e di minatori, oggi città cresciuta a dismisura e senza regole. Studiosi di mafia fanno risalire la nascita dell’onorata società proprio qui, ma questa è altra storia. Oggi Favara si vanta d’essere”la città dell’agnello pasquale”, e in effetti il dolce pasquale trionfo di pasta di mandorla e pistacchio è davvero il migliore che si possa assaggiare.
In questi giorni a Favara non si parla d’altro: la sofferta firma del sindaco su una ordinanza che lo scorso 2 novembre ha posto fine al rituale dell’ultimo saluto ai parenti del caro estinto al cimitero, funerale concluso. Da una parte le donne a salutare le donne della famiglia del defunto, dall’altra gli uomini a stringere la mano agli uomini della famiglia di chi ci ha lasciato. Passerelle favorite da altrettanti percorsi coperti fatti apposta, per il sole caldo dell’estate e per la pioggia nei brevi inverni.
A dire il vero, dal 2 novembre al cimitero non si potranno fare neanche i funerali nella cappella che è laggiù, in fondo al viale d’ingresso che si apre con un monumento ai minatori morti in galleria. Questo, per dare seguito ad una nota del presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, che proibisce su tutto il territorio nazionale la celebrazione del funerale nella chiesa del cimitero.
Per questa città è stato uno choc. Qui, da sempre, il funerale è un segno distintivo, un misuratore del rispetto goduto in vita da chi ha dato addio alla vita. Per questo la partecipazione ai funerali è stato sempre particolarmente sentita dalla comunità. Motivo d’orgoglio della famiglia se, finito il funerale, in paese si diceva “Un populu c’era…”. Disastroso risultato se del funerale del congiunto si poteva solo dire “Nuddru c’era…”, non c’era nessuno. Tale e quale una cerimonia nuziale disastrosa e da dimenticare.
Allora si capisce perché il sindaco di Favara ha provato e riprovato con il vescovo di Agrigento ad ottenere una deroga al diktat della Cei, proprio in considerazione del valore culturale della “stretta di mano”. Niente, con c’è stato niente da fare, la Chiesa é stata inflessibile. E alle 16 del 2 novembre si è celebrato l’ultimo funerale al cimitero, si è consumata l’ultima cerimonia di “Dari a manu o mortu”. Alla fine il sindaco di Favara ha dovuto arrendersi e con la mano che tremava ha firmato l’ordinanza. Peggio di una resa. Chi non si è arresa è la città, che discute, maligna sui fini della direttiva dei Vescovi (“Lo fanno per i soldi del funerale al parroco…”) e provano a riaprire e ribaltare il risultato magro ottenuto dall’amministrazione comunale: in città, ad Agrigento e nel resto d’Italia facciano a meno del funerale in cimitero e saluto ai familiari, qui alla tradizione ci teniamo e non ci arrendiamo.
Il rito della stretta di mano aveva conosciuto un divieto, ma solo nel 2009 per difendere la comunità dal diffondersi della pandemia influenzale. In quei giorni fu stabilito “il divieto assoluto di rendere i saluti di cordoglio attraverso la stretta di mano e dello scambio di baci e abbracci, sia nella cappella del cimitero che nei pressi dell’abitazione del defunto da dove muove il corteo funebre”. Finita l’emergenza, stretta di mano libera, ripristino di baci e abbracci, e vai con la mano al morto!
In attesa che si concretizzi la possibilità di riaprire i giochi, a Favara per certificare la partecipazione al funerale è stato istituito un registro per la firma dei partecipanti. Magra consolazione, e a questo punto – come prevede Malgradotutto, il giornale on line della vicina Racalmuto, il paese di Sciascia – c’è chi scommette che prenderà piede una tradizione opposta a quella archiviata: che dalla “manu o mortu” si passi alle condoglianze per delega. “Se vai dal morto, firma pure per me”.