Impone alla moglie il saluto nazista, condanna per violenza

L'uomo, un fascista, aveva portato la moglie in uno stato di totale prostrazione e la costringeva a rapporti sessuali contro il suo volere.

Impone alla moglie il saluto nazista, condanna per violenza
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15 Dicembre 2012 - 12.41


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Fascista, nazista e, diciamolo pure, uno schifoso porco: imponeva il saluto nazista alla moglie, costringendola ad un totale stato di prostrazione al punto che lei arrivava a rannicchiarsi a terra in un angolo della casa per paura
di essere percossa e posseduta contro il suo volere. Per questa
ragione, la Prima sezione penale – sentenza 35805 – ha convalidato una
decisione della Corte d’appello di Milano – che aveva ritenuto
responsabile il marito di maltrattamenti nei confronti della moglie e
di violenza sessuale per averla costretta a subire rapporti contro il
suo volere.

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Quasi ogni giorno il marito, entrando in casa, ricostruisce la
sentenza di piazza Cavour – “imponeva il saluto nazista e pretendeva
che la donna si mettesse a terra e durante i rapporti contro il volere
di lei si vantava di essere un maratoneta perché era capace di
stare tanto tempo sopra di lei”. Per questa serie di vessazioni e
violenze, l’uomo e’ stato condannato anche a risarcire la donna con
una provvisionale di 80 mila euro.

Il procedimento penale a carico del marito ha
tratto origine dalla denuncia sporta dalla moglie a seguito di un
grave episodio di aggressione da parte dell’uomo, che l’aveva indotta
a denunciare tutti i maltrattamenti subiti durante la vita
matrimoniale. Dalle deposizioni della donna, era emerso che il loro
rapporto di coppia non era mai stato improntato alla parità “in
quanto era il marito che prendeva ogni decisione sia nel campo
lavorativo che in quello personale, facendo le scelte che riguardavano
la loro vita di coppia, quanto alle frequentazioni sociali, ai luoghi
di vacanze, spesso ispirate a logiche affaristiche, cui lui era molto
attento”.br/>

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Quanto alla sussistenza del reato di maltrattamenti in famiglia,
la Cassazione ricorda che “non occorrono necessariamente
manifestazioni di violenza fisica, potendosi esse concretare anche in
condotte vessatorie, prevaricatrici, mortificanti dell’umana dignità
che valutate isolatamente, assumono una rilevante offensività con
riguardo alla libertà morale della vittima per il loro carattere
abituale e la loro ripetitività nel tempo tale da determinare
l’instaurarsi di un sistema di’ vita penoso mortificante teso
all’annientamento psicologico della vittima”.br/>

Analogo discorso per il reato di violenza sessuale perché il
marito “pure se titolare in astratto di un diritto/dovere di
prestazione sessuale nei confronti del coniuge, non può di certo
costringere la moglie a subire passivamente ogni desiderio e pulsione
fisica dello stesso”.

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