“Una circolare della Ragioneria dello Stato della Città del Vaticano informa che dal primo gennaio del 2013 sono sospesi i pagamenti mediante pos in Vaticano, fatta eccezione per le carte bancomat emesse dallo Ior” . Insomma, niente più utilizzo di carte di credito e bancomat una volta varcati i confini vaticani, solo contante. La notizia, diffusa ieri dai sacri palazzi, riapre, con l’inizio dell’anno, la querelle finanziaria intorno al Vaticano. Anche perché dietro la ragioneria c’è il governatorato, quindi il motore amministrativo del piccolo Stato nel cuore di Roma. Va ricordato, fra l’altro, che Oltretevere hanno iniziato un complesso processo di adeguamento alle normative antiriciclaggio e di trasparenza internazionale in campo economico e tuttavia il cammino non è stato ancora completato.
D’altro canto Banca d’Italia ha deciso di non fare troppi sconti su questo fronte allo Ior. Il nuovo punto di frizione, infatti, sembra essere nato intorno all’apertura da parte di Deutsche Bank-Italia di un punto pos in Vaticano senza che fosse stata dato l’ok da via Nazionale. Ma la questione ha risvolti più ampi.
Il Vaticano infatti si è dotato sul suo piccolo ma strategico territorio, di una serie di attività commerciali come la farmacia – assai nota fuori le mura, in grado di offrire vendite anche per corrispondenza – ci sono poi il benzinaio, una serie di punti vendita per abbigliamento, elettronica, generi alimentari e altri prodotti. Vi si trovano le più note marche di ogni settore, comprese quelle del lusso. A questi servizi possono accedere oltre a diplomatici accreditati Oltretevere, dipendenti e cittadini dello Stato, loro familiari e quanti in generale ricevono una speciale tessera dalle autorità vaticane. Il vantaggio è che i beni in vendita nella Città del Vaticano sono tax free; un piccolo porto franco insomma che formalmente è interdetto agli italiani e ai romani, ma di fatto non sono pochi quelli che ne usufruiscono. Fra l’altro, come pure ha ricostruito l’agenzia Associated Press, una grande area commerciale di questo tipo è situata nella vecchia e rimodernata stazione San Pietro che si trova appunto in zona extraterritoriale; non va poi dimenticato il grande supermercato.
Si tratta di ‘voci’ del capitolo ‘entrate’ particolarmente significative nel momento in cui anche la Santa Sede, attraverso il cardinale Giuseppe Versaldi, alla guida della Prefettura per gli affari economici, ha annunciato “tagli e riduzione dei costi” nei sacri palazzi. Ma se i bilanci della Santa Sede sono in un rosso sempre più preoccupante, il problema, allo stesso tempo, è l’adeguamento finanziario sul piano internazionale. Di recente il governo italiano prima con il ministro per la giustizia Paola Severino e poi con il sottosegretario all’economia Vieri Ceriani, ha ribadito un paio di concetti importanti: in caso di mancato adeguamento del Vaticano “agli standards internazionali”, la Banca d’Italia ha chiesto agli istituti italiani di trattare lo Ior come una banca extracomunitaria, il che comporta un regime rigido e supplementare di controlli su clienti e movimentazione; in secondo luogo veniva ribadito che non è stata data alcuna autorizzazione allo Ior ad operare in territorio italiano e che qualsiasi operazione finanziaria svolta con la banca vaticana ha bisogno di un’autorizzazione della Banca d’Italia.
Questo il quadro e da qui pure i problemi. L’esistenza di un sorta di mega duty free nel cuore di Roma crea problemi d’immagine e di concorrenza e non aiuta il Vaticano sulla strada della trasparenza, d’altro canto i rapporti finanziari fra le due sponde del Tevere restano assai tesi.