Dsm V: il disastro della psichiatria americana e la scienza-spazzatura

Il terrore catastrofico, evocato di continuo, sembra essere il punto dolente della psicologia collettiva negli Usa. C'è chi ci lucra inventando malattie per vendere farmaci inutili

Dsm V: il disastro della psichiatria americana e la scienza-spazzatura
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17 Gennaio 2013 - 17.20


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Allen J Frances professore emerito di psichiatria alla Duke University e coordinatore del team di esperti che nel 1994 realizzò la quarta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (più noto come Dsm IV) a proposito dell’uscita dell’ultima versione, la quinta, ha parlato di «disastro». Con riferimento all’etimologia del termine il dis-astro si riferisce a una calamità come avrebbe potuto essere la fine del mondo prevista dai Maya, dovuta ad influssi astrali negativi. Ora il Dsm – considerato nelle sue varie versioni una vera e propria Bibbia della psichiatria – è stato scritto da persone che hanno un nome e cognome: su di loro ricade l’enorme responsabilità degli incalcolabili danni che potrebbero provocare alla salute mentale di centinaia di milioni se non di miliardi di persone, le applicazioni pratiche di criteri senza fondamento scientifico. Ad esorcizzare o cancellare il senso di colpa relativo all’eventuale danno iatrogeno credo non possa bastare il semplice scambio di eventi umani con eventi naturali, analogamente a quanto fanno gli schizofrenici, o il vanificare la ricerca delle cause nel fare riferimento all’oroscopo, al destino o all’allineamento dei pianeti.

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Come rivela l’uso di alcuni termini, impercettibilmente un vissuto catastrofico si è insinuato come un cavallo di Troia nella cittadella delle potenti lobbies dell’American psychological association (Apa), rivelando una pericolosa linea di frattura nelle loro pseudo certezze ideologiche. Le fantasticherie catastrofiche fanno parte del tessuto connettivo dell’immaginario nordamericano: dalla famosa trasmissione radiofonica del 1938 in cui Orson Welles annunciava la guerra fra i mondi, l’attacco alla terra da parte dei marziani, determinando reazioni di panico generalizzato, alle produzioni cinematografiche come L’invasione degli ultracorpi diretto da Don Siegel nel 1956 o più recenti come The day after tomorrow (2004) del regista Roland Emmerich e 2012 uscito nel 2009 sempre a opera dello stesso regista, il terrore catastrofico, continuamente evocato ed esorcizzato, sembra essere il punto sensibile e dolente della psicologia collettiva statunitense. Ben aveva compreso questo aspetto Osama Bin Laden quando progettò l’attacco alle Torri gemelle che, visto in televisione, sembrava una scena tratta da un film di fantascienza. A volte gli incubi, o quelli che uno psichiatra potrebbe considerare deliri socialmente condivisi, vengono tradotti da qualcuno in una tragica realtà con una enorme amplificazione dell’effetto terrifico.

Nel maggio 2013 uscirà la nuova versione riveduta e corretta del Dsm V, il famoso manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali: anche senza far ricorso all’astrologia è stato previsto che per la psichiatria americana sarà una vera e propria catastrofe annunciata. Secondo Allen J Frances il momento attuale che coincide con la definitiva approvazione ed imminente edizione del manuale, è il peggior momento nella sua pratica pluridecennale di studio, insegnamento e di ricerca clinica in psichiatria: egli invita i pazienti, i medici di base e la stampa, nonché ovviamente gli psichiatri a non dare credito ad una pubblicazione che secondo lui, non ha credibilità scientifica e che può indurre numerosi e gravi errori diagnostici estremamente lesivi della salute degli individui a causa di prescrizioni farmacologiche del tutto inutili. Le nuove diagnosi in psichiatria potrebbero essere più pericolose dei nuovi farmaci poiché influenzano il fatto che milioni di persone siano sottoposte o meno all’azione di droghe psicotrope, spesso da medici non specialisti dopo un breve colloquio. L’introduzione di nuove diagnosi dovrebbe essere fatta prestando a esse la stessa attenzione per la salute dei pazienti che viene riservata alla introduzione di nuovi farmaci. Tutte le nuove categorie diagnostiche introdotte, da quelle che riguardano gli abusi alimentari (il Binge eating disorder in cui rientrerebbero tutti quelli che amano fare baldoria), la dipendenza da internet (Internet use gaming disorder che interesserebbe milioni di giovani) o lo spettro autistico (Autism spectrum disorder in cui viene d’ora in avanti inclusa, scomparendo come entità autonoma la sindrome di Asperger) estendono a dismisura il raggio della patologia per la tendenza a individuare la presenza di sintomi in aree pericolosamente contigue alla “normalità”. Molti sono gli aspetti più controversi del nuovo Dsm, come per esempio adottare la terminologia Pedophilic disorder. La parola “disordine” o “disturbo” che dir si voglia non può minimamente rendere conto della gravità della patologia in questione considerata tale solo se le fantasie e gli impulsi sessuali o i comportamenti provocano disagio (sic!) clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale o lavorativa come si diceva già a partire dal Dsm IV. Questa impostazione ha come conseguenza che verrebbero diagnosticati come pedofili solo quelli che provano “disagio” cioè senso di colpa, mentre i soggetti più gravi, completamente anaffettivi e che quindi non si alterano passerebbero per normali. La tendenza a scambiare l’anaffettività con la normalità la ritroviamo nella decisione – che potrebbe permanere nel Dsm V a meno di un ripensamento dell’ultimo momento – di confondere il dolore provocato da un lutto recente con una depressione clinica. Il dolore da lutto escludeva, nel Dsm IV, la depressione mentre nella nuova edizione le due situazioni potrebbero sovrapporsi.

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Indipendentemente da quale esito abbia la controversia nata dalla contestazione di numerosi editorialisti e prestigiose riviste scientifiche, essa la dice lunga sulla impostazione ideologica degli psichiatri americani che considerano la schizoidia, cioè una condizione di insensibilità, come l’assetto ideale della normalità. Le ricadute di tale concezione sono però notevoli. Ogni anno muoiono negli States mediamente 2,5 milioni di persone che lasciano un numero ancor più grande di loro cari in uno stato di prostrazione e di lutto. Se questa condizione si protrae per più di due settimane i sopravvissuti corrono il rischio di vedersi diagnosticato, soprattutto dai medici di base, uno stato depressivo con grande soddisfazione, soprattutto economica delle case farmaceutiche. Nella concretezza della pratica medica il falso positivo della diagnosi di depressione nel lutto genera situazioni che appaiono paradossali oltre ad equivalere, solo alla luce del buon senso, come ammissione di totale incompetenza. La psichiatria americana è del tutto incapace di far fronte a gravi situazioni psicotiche come per esempio quella del mass murderer [url”Adam Lanza”]http://babylonpost.globalist.it/Detail_News_Display?ID=44316&typeb=0&Cosa-c-e-dietro-la-strage-degli-innocenti-[/url] la cui schizofrenia non è stata diagnosticata e trattata adeguatamente. Si medicalizza il lutto fisiologico e non ci si accorge e non si trattano forme psicotiche evidenti. Il cosiddetto mass shooting è diventato quasi epidemico, una sorta di drammatizzazione inconsapevolmente ripetuta dell’immagine di una società iperrazionale e violenta (62mila morti in pochi anni per ferite provocate da armi da fuoco) che storicamente è stata eretta sul razzismo e sullo sterminio sistematico delle popolazioni indigene. L’ideologia della guerra che vede gli Usa impegnati in conflitti ingiusti ed inutili è all’origine di un’emergenza psichiatrica nelle forze armate: solo nel 2012 si sono tolti la vita 295 soldati.

A tutta questa drammatica situazione si risponde con una manuale creato in base alla logica di rafforzare i potentati accademici, che sembrano molto lontani dalla vita reale e conseguire un utile economico a tutto vantaggio dell’industria farmaceutica. Secondo Frances le motivazioni che hanno portato alla stesura del Dsm V non sono però solo d’ordine economico, riconducibili a un banale conflitto di interessi per i revisori che hanno ricevuto compensi dalle case farmaceutiche. Il conflitto di interessi sarebbe, per lo scienziato soprattutto “intellettuale” individuabile nella naturale propensione di esperti altamente specializzati a valorizzare le proprie idee guida, ad espandere le aree di ricerca non tenendo conto delle ricadute pratiche a livello clinico per i malcapitati pazienti. Forse però non bisogna sottovalutare che l’Apa ha investito ben 25milioni di dollari nel Dsm V e dato che la precedete edizione è stato un best seller di proporzioni planetarie si aspetta anche questa volta di ricavare enormi profitti dalla pubblicazione. Senza considerare gli effetti collaterali della ricaduta di popolarità e prestigio da parte del team di revisori, anch’essi in ultima analisi monetizzabili. Anche se le critiche del professor Frances appaiono in parte motivate esse però non diminuiscono la sua responsabilità nel disastro annunciato. Proprio lui è stato infatti il principale artefice del Dsm IV dando il via a ciò che oggi appare come un’apocalisse psichiatrica. È doveroso ricordare che il Manuale nell’edizione del 1994 è stato etichettato «scienza spazzatura» in un sondaggio internazionale di esperti eseguito in Inghilterra nel 2001, oltre che essere stato votato una delle dieci pubblicazioni psichiatriche peggiori del millennio. È falso quindi che ci sia una sostanziale differenza qualitativa fra il Dsm III e IV in quanto già in quest’ultimo era stata denunciata la perdita della validità della diagnosi a favore della loro attendibilità: un gruppo di psichiatri si mette d’accordo su una lista di comportamenti atipici e sul fatto che costituiscano un disturbo mentale. La creazione di nuove categorie è allora una specie di gioco da salotto priva di qualunque validità scientifica, anche se dotato di attendibilità, cioè condiviso da un gran numero di esperti: trasportato nel mondo della pratica clinica reale questo procedimento è tout court una truffa.

Come si vede Allen J Frances appare poco attendibile quando non solo proclama la sua ateoreticità ma pretende di aver superato la confusione delle diagnosi imperante nella psichiatria prima del Dsm IV dovuto in gran parte alla massiccia presenza della psicoanalisi freudiana in America. C’è una precisa continuità storica ed ideologica fra la truffa freudiana che sottoponeva ad analisi dei pazienti senza voler e poter essere una cura e il Dsm nelle sue varie versioni che propone criteri diagnostici basati su assunti pseudoscientifici, come quelli della natura genetica della schizofrenia , solo per fare un esempio, ma molto utili per essere pagati dalle assicurazioni di malattia. Come i feudiani consideravano tutti gli esseri umani potenziali portatori di malattia mentale in quanto in ciascuno sarebbe stato presente un inconscio naturalmente perverso e un’ideazione schizofrenica come quella dei sogni, così l’Apa con il Dsm V vede oggi nella normalità uno stato potenziale di malattia. Per la psicoanalisi, la malattia mentale ubiquitariamente presente nell’essere umano era latente nell’inconscio. Quest’ultima oggi viene individuata invece nella coscienza e nel comportamento delle cosiddette persone normali che abbiano per esempio la sventura di un lutto ed incappino nei lacci delle categorie diagnostiche del Dsm.

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Personalmente quindi mi atterrò alle indicazioni di Allen J Fances: boicotterò in tutti i modi possibili il Dsm V. Aggiungendo comunque che ho fatto lo stesso con il Dsm III e IV. Come non ho creduto alla fine del mondo dei Maya così non credo che il fallimento del Dsm V sia un evento particolarmente significativo nelle vicende della psichiatria contemporanea nonostante tutto il battage pubblicitario nei mass media. La vera partita del futuro della psichiatria, secondo la mia esperienza e formazione, si gioca su tutt’altro campo: nella mia pratica clinica continuerò ad utilizzare la classificazione delle malattie mentali presente già nella grande produzione teorica della psicopatologia del 900, a partire da Jaspers, Eugen Bleuler, Minkowsky, Kurt Schneider, Barison. A mio avviso solo la revisione critica che Massimo Fagioli a partire dalla seconda metà del secolo scorso ha operato sulle categorie diagnostiche di derivazione psicopatologica ci consente un inquadramento corretto della natura dei processi patogenetici che dobbiamo affrontare nell’ambito della psicoterapia. La Teoria della nascita ha completamente trasformato le tradizionali impostazioni teoriche relative alla genesi della malattia mentali. A partire da Esquirol lungo tutto l’arco dell’ottocento e del novecento fino ad oggi (l’ultimo esempio è quello di [url”Rita Levi Montalcini”]http://babylonpost.globalist.it/Detail_News_Display?ID=46015&typeb=0[/url]) si è pensato che la malattia mentale fosse legato ad un deficit di razionalità ed ad un affievolimento della capacità di sintesi della coscienza. La regressione avrebbe liberato gli automatismi dell’inconscio e reso manifesta un’ ideazione non consapevole considerata naturalmente psicotica. Oggi noi sappiamo che il nucleo generatore della malattia mentale risiede non nella coscienza ma in uno specifica attività inconscia, la pulsione di annullamento, individuata storicamente da Fagioli: essa non è una dotazione naturale con la quale ciascuno di noi nasce ma deriva da un fallimento dei rapporti interumani. Originariamente la pulsione di annullamento scaturisce da una inadeguatezza, comunque si configuri, della relazione madre-bambino che incide sulla vitalità di quest’ultimo a partire dalla nascita. Soltanto l’individuazione del nucleo generatore che è responsabile della peculiare forma che assume la malattia mentale ci consente di cogliere anche quanto non è immediatamente visibile e registrabile e di formulare diagnosi non solo attendibili ma soprattutto valide e motivate. Di questo stesso parere, pur in un quadro di riferimento teorico differente, sono autori internazionalmente conosciuti come lo statunitense Louis A. Sass e Joseph Parnas dell’Università di Copenaghen: secondo quest’ultimo solo un miglioramento delle conoscenze psicopatologiche può far fronte alla reificazione delle categorie diagnostiche presente nelle varie versioni del Dsm, la Bibbia americana della psichiatria.

Domenico Fargnoli, psichiatra e psicoterapeuta

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