Inchiesta sulle minacce alla Boldrini

La Procura di Roma ha aperto un fascicolo sulle minacce ricevute via web dalla Boldrini. Un atto dovuto. Il male non è il web è la stupidità di certa gente.

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3 Maggio 2013 - 16.47


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Che la procura aprisse un’inchiesta di fronte a ipotesi evidenti di reato era prevedibile. D’altra parte in un Paese civile in cui ancora sono vigenti leggi chi viene minacciato deve risponderne. Che poi la minaccia sia al telefono, per strada o per mail o su social network, cambia poco. La legge è uguale per tutti e deve esserlo.

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Proprio per questo fa un po’ riflettere l’atteggiamento che sta dilagando, sempre sui social network, dove alcuni guru della fuffa social sembrano più interessati alla sacralità del mezzo piuttosto che alla gravità delle cose che passano attraverso il mezzo. Che, utile ricordarlo, non ha bisogno di leggi speciali, ma che siano applicate quelle che ci sono. Così come, al di là della retorica, per combattere la corruzione basterebbe applicare le leggi che ci sono. E anche per combattere la mafia. L’atteggiamento emergenziale spesso è una foglia di fico mediatica. Anche in questo caso in cui c’è un fiorire di discussioni inutili sulla censura verso la rete quando invece la presidente della Camera ha detto cose diverse e più gravi. Tra l’altro tirando in ballo la demenza di certa stampa gossippara. Ed è evidente che alcune situazioni giudiziarie vadano messe a punto anche rispetto a nuove sensibilità e a nuovi mezzi di diffusioni.

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