Se uccidono una prostituta non è femminicidio?

Nel napoletano una giovane ucraina accoltellata e trovata morta in un campo. Ma per la stampa è un caso "normale" per il mestiere della ragazza.

Se uccidono una prostituta non è femminicidio?
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12 Maggio 2013 - 12.23


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di Ginevra Derivi

“Cadavere di una donna in aperta campagna. Uccisa con una coltellata alla schiena. Il corpo rinvenuto a Poggiomarino, in provincia di Napoli”. Il titolo è questo, e solo questo. Il corpo della donna, di giovane età, è stato trovato da un automobilista di passaggio, in aperta campagna. La giovane donna non ha ancora un nome. La notizia dice che ”si tratterebbe di una prostituta dell’Est, ucraina che si faceva chiamare Sofia”.

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Quanti, e soprattutto quante di noi, che ci indigniamo quotidianamente per mogli, fidanzate e amanti uccise dall’uomo, si daranno appuntamento davanti al corpo senza vita di Erika? Chi le porterà un fiore? Chi la saluterà con una preghiera? Chi si indignerà per lei, chiedendo giustizia? Ripetiamo la domanda: quando è uccisa una prostituta non è femminicidio? O non è invece, il più efferato dei femminicidi?

La ragazza uccisa a coltellate nel napoletano pare si chiamasse Sofia Zerebreska, ma tutti nell’ambiente la conoscevano come Erika, non si sa ancora quanti anni avesse. Probabilmente non più di 23 anni. Una ragazza ucraina, passata repentinamente da bambina a donna stuprata ogni giorno e ripetutamente, probabilmente da bravi italiani,tutti lavoro, casa, donna di casa, e qualche volta donna di strada, da pagare.

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Erika, uccisa da un cliente o da chi la sfruttava. Nell’uno e nell’altro caso Erika avrebbe meritato qualcosa in più sui giornali, qualche attenzione nei Tg, gli stessi pronti ad intestarsi campagne per le donne di casa, e contro gli orchi di casa.

Qualche parola in più dai movimenti e dalle donne di pensiero. Certamente, Erika non meritava che in un Tg oggi si dicesse che la ragazza probabilmente è morta”nell’ambito di un rapporto di meretricio”. Questo proprio non lo meritava Erika.
Erika, un bel nome. Forse non era quello vero, quello col quale era stata chiamata da bambina, a casa, in Ucraina.

Probabilmente, a casa non sapevano cosa facesse Erika qui, in Italia. Forse non sanno che è morta. Forse dovremmo ripensare il valore della vita di tutte le donne, sia che lavorino in fabbrica o in ufficio, sia che lo facciano a casa, sia che siano costrette a farlo in strada, strappando la propria dignità per bisogno o per costrizione.

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Mi chiedo, e chiedo: se ad essere uccisa è una prostituta, non è femminicidio?

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