Liti e malcontenti: assemblea di fuoco al Tg3

Assemblea per una verifica dei difficili rapporti con la direttora. Tanta carne sul fuoco, e sullo sfondo il problema irrisolto del doppio incarico della Berlinguer.

Liti e malcontenti: assemblea di fuoco al Tg3
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15 Maggio 2013 - 21.14


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S’annuncia una giornata particolare al Tg3. Un’assemblea verificherà se il direttore ha rispettato l’impegno di cambiare rotta e interrompere quelle che in redazione e con documenti sindacali, anche a livello nazionale, hanno denunciato come vere e proprie estromissioni dal ciclo produttivo, rischiose marginalizzazioni.

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La direttora ha respinto le accuse, il comitato di redazione si presenterà dati alla mano. Quanti lavorano al Tg? Quanti ne sono esclusi? E perché esclusi? Costituisce un fattore di rischio la mancata adesione acritica, alla ”pensiero” della direttora? Il tema non è all’ordine del giorno solo della palazzina di Saxa Rubra che ospita il Tg3, pare che se ne parli anche a viale Mazzini, al settimo piano, dove hanno raccolto diversi segnali di sofferenza.

A Viale Mazzini come al trucco – dicono al Tg3 – il passaggio della direttora è una finestra che si spalanca e fa entrare il temporale. Si parlerà anche di ascolti all’assemblea. Non gratificanti, pare si salvi solo il Tg di mezzogiorno, ma solo perché si fa a Milano, e Roma non ci mette mano. Sullo sfondo c’è il tema irrisolto del”doppio incarico” del direttore, che non ha mollato le conduzioni. Le sue comparse più recenti, un paio di giorni fa, camicia rosa con un microfono malizioso che scostava l’orlo della scollatura, per intervistare Massimo D’Alema, il giorno successivo, mise più sobria, per intervistare il ministro Quagliariello.

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Per un motivo o per l’altro, con una misteriosa (e se vera, anche buffa) deroga in tasca, la direttora finisce col sedersi davanti al video, sollevando il conduttore o la conduttrice di turno. Il ”direttore faccio tutto io” pare che adesso sia diventata pesante anche ad alcuni (ex) fedelissimi. C’è chi si è pentito di essere arrivato alla corte della zarina , c’è chi fugge, c’è chi si rivolge al sindacato, chi all’avvocato, chi è già davanti al magistrato.

Cronache e racconti dall’interno dicono che aumenta la schiera degli scontenti. “Liti e malcontenti”, aggiungono le cronache, diventano routine, e nei i corridoi della palazzina che ospita il Tg3 non si respira, e non per colpa del sole sulle vetrate e per la moquette che è la stessa di Italia’90.

Telefoni sbattuti in faccia, toni e aggettivi non compresi nel bon ton, sms da raccogliere per farli conoscere in tempi migliori. Si racconta di una Mariella Venditti che ”ha un diavolo per capello”, aiutata dal rouge della capigliatura, e di un Vice, Riccardo Scottoni, in rotta senza ritorno, con lo sguardo perso sullo schermo del pc o al telefono per raccontare (a chi?) di quanto sia impossibile la convivenza al Tg3.

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Dagli Usa, mugugna Giovanna Botteri, in crescente difficoltà con il suo Tg. Fra l’altro, alla direttora non va giù che, a “Linea Notte,” Maurizio Mannoni annunciando il consueto collegamento con Giovanna Botteri, sia confidenziale, che annunci, simpaticamente, “Ed ora andiamo dalla nostra Giovanna…”.

Giovanna chi? Potrebbe capirsi, Bianca e basta…

In questo clima, c’è chi preferisce andare in pensione prima del tempo, come lo storico, prezioso, Vice del Tg3, Angelo Belmonte, chi passa al Tg1 come Francesca Capovani. Accanto a loro, altri che trattano passaggi in orizzontale, anche”aggratis”, in altre testate. Pensando alle donne che hanno diretto il Tg3 c’è chi arriva a rimpiangere perfino l’Annunziata. Ed è quanto dire.

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