«La decisione è di convocare oggi il Governo per un decreto che preveda un commissariamento temporaneo dell’Ilva, che consentirà di gestire l’azienda attuando l’Aia». Lo ha dichiarato il ministro dello Sviluppo, Flavio Zanonato, prima di entrare nell’Aula della Camera per riferire sul caso Ilva.
Il decreto, che «è ormai definito», verrà adottato, ha aggiunto Zanonato, «nel primo pomeriggio» e prevede «la sospensione dei poteri degli organi societari e la nomina del commissario. Al termine di questa fase di gestione eccezionale e straordinaria potranno essere ricostituiti gli ordinari organi di amministrazione restituendo alla proprietà» i suoi poteri. Dalle decisioni che vengono prese sull’Ilva, ha concluso Zanonato, «dipende il futuro della siderurgia italiana e più in generale la credibilità del nostro Paese».
«Siamo consapevoli che il risanamento non può essere condotto con la necessaria convinzione da chi ha determinato l’allarme ambientale di cui stiamo discutendo e che mette a rischio tante persone» ha detto Zanonato.
Un’eventuale chiusura dell’Ilva di Taranto «avrebbe un impatto economico negativo per 8 miliardi di euro annui». Tuttavia, il ministro dello Sviluppo ha aggiunto spiegando i motivi che hanno portato alla decisione di procedere con un commissario a tempo, «gli investimenti pur realizzati in questi anni non sono stati sufficienti a riequilibrare il rapporto tra produzione, salute e ambiente», visto che «molte disposizioni totalmente o parzialmente disattese dall’azienda».
Il commissariamento dell’Ilva «ha durata massima di 36 mesi». È quanto previsto dalla bozza del decreto. Il commissario «può avvalersi di due subcommissari».
Il ministro dell’Ambiente nomina un comitato di 5 esperti che predispone e propone al Ministro, entro 60 giorni dalla nomina, «il piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dei lavoratori e della popolazione e di prevenzione del rischio di incidenti rilevanti».
Pertanto, ha proseguito,«sono cresciute le legittime preoccupazioni dei cittadini», con i rischi derivanti per lo sviluppo del Paese da un «sentimento antindustriale». La questione, quindi, va «affrontata con la consapevolezza che l’azienda rappresenta per il territorio e per l’economia nazionale», visto che «il polo di Taranto è uno dei principali in Europa» e occupa «12mila addetti diretti con indotto integrato verticalmente che porta l’occupazione diretta a oltre 15mila unità più 9.200 unità legate all’indotto». La chiusura, quindi, «avrebbe conseguenze gravi»: l’impatto economico di 8 miliardi è la risultante di «circa sei miliardi relativi alla crescita delle importazioni, 1,2 miliardi per il sostegno al reddito e i minori introiti per l’amministrazione pubblica e circa 500 milioni in termini di minore capacità di spesa per il territorio direttamente interessato». L’importanza strategica, però, «non può far venire meno gli obblighi di tutela ambientale».
Il governo, pertanto, «tende ad adottare tutte le operazioni utili a salvare l’ambiente nella consapevolezza che l’interruzione della produzione peggiorerebbe la situazione rendendo impossibile la bonifica dei siti inquinati». C’é insomma l’esigenza di «assicurare la continuità del processo produttivo e gli interventi bonifica ambientale», perché «il governo è convinto che la prosecuzione dell’attività industriale rappresenti la condizione preliminare e necessaria per la realizzazione degli investimenti necessari per l’ambiente».
[GotoHome_Torna alla Home]