I gesuiti sugli immigrati: la Ue deve fare di più

Il direttore del centro Astalli insiste: "stabilire canali umanitari sicuri"

I gesuiti sugli immigrati: la Ue deve fare di più
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26 Ottobre 2013 - 16.18


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Impiegare un maggior numero di forze per evitare i naufragi è positivo, ma i naufragi vanno prevenuti.

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“Noi continuiamo ad insistere affinchè siano stabiliti da subito canali umanitari sicuri”. Lo afferma padre Giovanni La Manna, direttore del Centro Astalli di Roma, la struttura dei Gesuiti che da oltre 30 anni assiste i rifugiati e dove si è recato l’8 settembre Papa Francesco.

Quando intervengono le misure di aiuto che sono state decise, spiega il religioso, “le persone, comunque, hanno dovuto pagare i trafficanti, sono dovute salire su dei barconi e questa è una cosa che va evitata a monte”. Secondo padre La Manna, “da questo punto di vista, c’è mancato ancora una volta il coraggio di fare un vero passo, si è fatto un mezzo passo”.

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Padre La Manna ai microfoni della Radio Vaticana ha asserito: “la lentezza della politica rispetto alla velocità della realtà: il decidere in maniera unitaria e comunitaria sull’asilo politico viene rinviato addirittura al giugno 2014”. “Siamo soddisfatti del fatto che il nostro presidente del Consiglio, Enrico Letta, abbia preso coscienza dell’inadeguatezza, sono parole sue, riguardo alle politiche comunitarie sull’asilo politico e sulle migrazioni”, assicura La Manna, che ribadisce come sia “positivo aprire gli occhi, svegliare le coscienze” che in molti paesi europei erano del tutto distratte riguardo al problema. “Ora però – esorta il direttore del Centro Astalli – impegniamoci in tempo reale a declinare cosa significhi ‘solidarietà’. Noi ci consideriamo Paesi civili, e allora che i fatti, le nostre azioni, testimonino concretamente ciò che affermiamo a parole”.

Per quanto riguarda specificamente l’Italia, La Manna ricorda che “l’Unione europea ci ha invitati, senza fare esplicito riferimento, alla revisione della legge sull’immigrazione che abbiamo, io aggiungo che siamo chiamati a dare maggiore dignità nelle risposte a queste persone che scappano dalle guerre: non possiamo più assistere, come accade, ad un’accoglienza che costringe le persone a dormire per terra”.

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