Pedofilia e sciacallaggio mediatico: quelle ragazzine vittime due volte

Il Garante per l'infanzia: le chiamano baby prostitute facendo così dimenticare il ruolo e le responsabilità degli adulti nella vicenda dei Parioli a Roma.

Pedofilia e sciacallaggio mediatico: quelle ragazzine vittime due volte
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14 Novembre 2013 - 19.38


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di Federico Tulli

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«La pedofilia è un fenomeno che la società italiana tende ad annullare». Iniziava così, nel 2010, uno scioccante rapporto redatto dal Telefono azzurro per fare il quadro sulla diffusione di questo crimine nel nostro Paese, tentando di individuarne le cause. Il documento proseguiva con una pesante denuncia che chiamava in causa soprattutto le famiglie e le istituzioni. «Rispetto a Stati come Francia e Inghilterra, dove il numero ufficiale di minorenni vittime di abusi sessuali è superiore, nel nostro Paese è presumibilmente molto alto il numero di casi di pedofilia che non vengono denunciati. In Italia, infatti, la situazione è ancora frammentaria: mancano un sistematico monitoraggio e una reale condivisione di dati tra organismi istituzionali e associazioni di volontariato. In assenza di una banca dati a livello nazionale che permetta una rilevazione omogenea e un monitoraggio della casistica, i dati disponibili sono pochi e non esaustivi. Passa così l’idea, nell’opinione pubblica, che si tratti di un fenomeno circoscritto a determinati ambiti che di volta in volta finiscono alla ribalta della cronaca, o specifiche realtà di degrado sociale. Mentre i dati ci dicono chiaramente che si tratta di un fenomeno pervasivo, che purtroppo è presente in tutti i contesti nei quali siano presenti bambini e minori».

Sono passati tre anni dalla pubblicazione di questo allarme e niente è davvero cambiato. Come dimostra il modo in cui viene raccontata dai media e recepita dall’opinione pubblica la sconcertante vicenda di induzione e sfruttamento della prostituzione minorile scoperta a Roma nelle scorse settimane. Sebbene infatti si tratti per lo più di ragazzine ancora in età pre-adolescenziale coinvolte in rapporti “sessuali” con adulti, è passato in secondo piano il fatto che dietro alla “prostituzione” – termine che da solo fa vendere tanti giornali e aumentare lo share – alle “prostitute” e ai “clienti” c’è soprattutto una tragica storia di pedofilia. Ci sono quindi i pedofili e di conseguenza le vittime.

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Per dire le cose come stanno, o quanto meno per tentare di interrompere lo sciacallaggio mediatico nei confronti delle giovani vittime (in pratica una seconda violenza) è dovuto intervenire il Garante per l’Infanzia e l’adolescenza Vincenzo Spadafora. Il quale, forte del suo ruolo, ha rivolto un appello ai direttori dei principali media televisivi “affinché sanzionino le trasmissioni che trattano in modo scorretto questi temi così delicati, richiamando l’attenzione degli autori e dei conduttori televisivi al rispetto della dignità di queste ragazze come di tutti i minorenni coinvolti in modo diretto e indiretto in episodi di questo genere”.

“In questa vicenda – ha aggiunto Spadafora – l’eccessiva attenzione rivolta dai media alle adolescenti coinvolte ha relegato gli adulti ad un ruolo secondario mentre occorre agire sulla ‘domanda’, come da tempo raccomanda all’Italia anche il Comitato Onu sui diritti dell’infanzia”.

Il mondo dei media, ha rilevato il Garante, “non si è fatto scrupolo alcuno di riportare dialoghi, di indugiare sui dettagli degli incontri; di raccontare la giornata-tipo di ogni ragazza. Pagine e pagine di giornali, ore di trasmissioni per fomentare la curiosità morbosa di un pubblico che sembra non rendersi conto di avere un potere tra le mani: possiamo cambiare canale, non comprare più i giornali che non rispettano, prima di tutto e soprattutto, la dignità delle persone di minore età coinvolte in fatti di cronaca. Tutti – ha concluso – possiamo avere un ruolo per frenare questo squallore mediatico, a cominciare dal mondo dell’informazione”. Che, a sua volta, potrebbe cominciare col chiamare le cose con il loro nome.

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