di Emiliano Deiana
Non è semplice fare una valutazione serena ed equilibrata sul Movimento dei Forconi.
È una cosa molto variegata che non si rassomiglia in nessuna parte d’Italia. In alcuni casi pacifica e colorata, in altri casi tetramente violenta ed minacciosa.
Esiste uno spontaneismo dettato dall’esasperazione di questa interminabile crisi economica e dal fallimento delle politiche tese a contrastarla. Ma esiste anche, parallela, una forma di infiltrazione di formazioni politiche di estrema destra e neonaziste che rendono inquietante il quadro.
A questo contesto, oggi, si aggiungono le dichiarazioni di Beppe Grillo che invita i Capi di Polizia e Carabinieri a far unire alla protesta gli agenti in una sorta di alleanza “pasoliniana” (senza avere la forza profetica di Pasolini né la sua cultura e sua l’umanità…) fra i figli dei proletari. Un invito all’insurrezione (pacifica, dice Grillo…) e all’insoburdinazione contro una classe politica dedita al malaffare, agli sprechi, ai privilegi.
Sia detto per inciso: sarebbe interessante sapere cosa pensino di questo appello di Grillo, del nuovo corso del grillismo, le centinaia di migliaia di manifestanti (anche del M5S) che protestarono al G8 di Genova o in Val Susa contro la Tav a pochi chilometri più ad ovest di Torino dove poliziotti e finanzieri, in segno di solidarietà (non si sa quanto spontanea o indotta), si sono tolti il casco con un sostanziale segnale di non-belligeranza.
Un’insurrezione i cui contorni non sono spiegati da Grillo se non per i soliti vaghi slogan contro l’Europa, contro l’euro e contro una classe politica in perenne difficoltà.
Fino ad oggi, e la mia è una dichiarazione lungamente meditata, il M5S – assai più di Grillo e Casaleggio – ha costituito un argine alle violenze di piazza, all’anarchizzazione della protesta, del disagio e del malumore. Ha costituito un argine e una canalizzazione democratica che i parlamentari del M5S interpretano con gli strumenti che consente la dialettica parlamentare, il confronto e lo scontro all’interno delle regole democratiche.
Le dichiarazioni di Grillo di oggi appaiono più uno strappo verso il suo Movimento che uno strappo, non certo nuovo, verso le istituzioni democratiche. Lo è perché l’Intelligencija del Movimento e la parte più consapevole del suo elettorale viene da variegato mondo del progressismo che ha ritenuto, a torto o a ragione, finita l’esperienza della democrazia fondata sui partiti. Una dirigenza e un elettorato che hanno ben chiari i limiti del confronto democratico, che hanno rispetto per le forme istituzionali pur in una radicale ed inflessibile critica verso i suoi interpreti nelle istituzioni.
Quello di Grillo, pertanto, è uno strappo verso il suo Movimento ed una chiara apertura di credito verso quelle formazioni che soffiano – col ventre ben pieno – sul fuoco del malessere, del disagio sociale, delle nuove e vecchie povertà. Forze che si rifanno, in Italia, alle tragiche esperienze di Alba Dorata in Grecia e del Front National in Francia.
Chiunque abbia a cuore la democrazia in Italia deve augurarsi che elettori e militanti del M5S continuino a costituire un argine verso esplosioni violente; devono augurarsi che essi tappino le falle che ogni tanti Grillo e Casaleggio tentano di aprire. Più di tutti se lo devono augurare i partiti di destra e di sinistra che hanno il dovere, a partire dal neosegretario democratico Renzi, di aprire un dialogo col M5S su alcune riforme istituzionali (legge elettorale) e sociali (reddito di cittadinanza) in grado di far respirare questa nostra democrazia insieme con una diffusa riduzione dei costi della politica a tutti i livelli, partendo dal livello più alto delle aule parlamentari e dei grandi papaveri che guidano i ministeri.
Poi saranno i cittadini, di nuovo, a decidere chi governa e chi sta all’opposizione. Ma in un clima più sereno, con regole condivise, con una politica che abbia diminuito l’abissale distanza che li separa dalla comunità che dovrebbe rappresentare.
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Argomenti: beppe grillo