Le misure anti-pedofilia dei Legionari di Cristo? Nulla è cambiato

Il sistema della potente congregazione ancora oggi si regge sul segreto, sul sospetto, sul culto delle personalità, sul controllo e la manipolazione delle persone.

Le misure anti-pedofilia dei Legionari di Cristo? Nulla è cambiato
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10 Gennaio 2014 - 11.23


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di Ludovica Eugenio

Era tra i più papabili a diventare il direttore generale dei Legionari di Cristo – congregazione religiosa ultraconservatrice fondata in Messico – p. Deomar De Guedes, numero due della congregazione, in occasione del prossimo Capitolo generale, in programma a Roma a partire dall’8 gennaio. E invece ha preso una decisione drastica: quella di abbandonarla. Si è reso conto, infatti, che essa è tuttora permeata da un «sistema marcialista», legato cioè alla figura, ormai completamente screditata, del fondatore ed ex leader Marcial Maciel Degollado, pedofilo e responsabile di abusi, sessuali ma anche finanziari. Un sistema quindi che ancora oggi si reggerebbe sul segreto, sul sospetto, sul culto delle personalità, sul controllo e la manipolazione delle persone. Sono accuse pesanti che p. De Guedes ha messo per iscritto in una lettera al superiore generale, p. Sylvester Heereman, datata 8 novembre (e resa nota in via esclusiva da Religión Digital il 26/12) che spiega le motivazioni della sua scelta e offre la propria collaborazione e la propria esperienza. Ingegnere brasiliano, manager in una multinazionale, nel 2000 fu il primo prete brasiliano a entrare nella Legione. Diventò poi responsabile territoriale in Spagna, poi in Argentina e in Brasile finché, nel novembre 2012, fu nominato consigliere aggiunto della congregazione.

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Il passo compiuto da De Guedes è una doccia fredda per la congregazione che si trova in una fase molto difficile, commissariata e supervisionata dal card. Velasio De Paolis, che sta tentando di farla rinascere su basi radicalmente diverse. Lo dimostra una lettera dello stesso Heereman ai membri della congregazione, in cui dà conto dell’impegno profuso nella prevenzione degli abusi su minori – piaga diffusa nella congregazione a partire dallo stesso fondatore Maciel – fondata su una politica di tolleranza zero. «Affrontare la realtà dell’abuso sessuale aiuta a tenere in considerazione valori diversi ma complementari: la responsabilità della protezione delle persone che sono affidate alle nostre cure, la promozione e la difesa della giustizia, la compassione e la solidarietà con le vittime, il diritto degli imputati ad un giusto processo e – fermo restando che l’abuso sessuale è una condotta che non sarà mai tollerata – la misericordia e il sostegno dei nostri fratelli colpevoli di questo crimine».

P. Heereman descrive poi i principi che guidano l’azione della Legione contro gli abusi: prima di tutto, la collaborazione con le autorità civili e ecclesiali, l’implementazione di un codice di condotta e di severe misure nella selezione dei candidati all’ingresso nella congregazione, l’elaborazione di procedure chiare per affrontare le denunce, rispettando tanto le necessità delle vittime quanto degli accusati. In tutto ciò, la priorità massima è, afferma Heereman, «il bene e la guarigione della vittima, così come la prevenzione di ulteriori incidenti». Ogni persona, aggiunge, ha diritto alla presunzione di innocenza, ma ciò non prescinde dalla piena collaborazione con le autorità e con l’attenzione delle vittime». Quanto al capitolo doloroso e infamante delle vittime di Maciel, Heereman afferma che tutte quelle che si sono presentate «sono state visitate, ascoltate e curate. La Commissione (istituita dal card. Velasio, ndr) ha valutato in ognuno dei casi come aiutarle a curare le loro ferite e ad affrontare le difficoltà della loro vita attuale, e ha presentato proposte al delegato pontificio e alla direzione generale. Abbiamo agito coerentemente e in questo momento non vi è alcun caso in sospeso». In tutto, 35 sono i preti accusati di abusi sessuali su minori; in 14 di questi casi non si è proceduto per accuse infondate o comportamento imprudente; nove sono stati trovati colpevoli (ivi compreso Maciel); due di essi non erano in grado di sostenere un’investigazione quando è stata presentata la denuncia; dieci hanno subito un processo. A parte Maciel, cinque sono i superiori accusati di comportamenti sessuali inappropriati; in tre casi non si è proceduto, due sono stati trovati colpevoli.

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Dalla fondazione, la Legione di Cristo ha ordinato 1.133 sacerdoti. Attualmente essa conta quattro vescovi, 961 sacerdoti e 1.877 tra religiosi, novizi, candidati e studenti, secondo quanto riporta, in un’intervista a Vatican Insider (30/12) p. Benjamin Clariond, direttore dell’ufficio internazionale della comunicazione istituzionale dei Legionari, nonché segretario della commissione per la riforma delle costituzioni. Oggi, la congregazione si trova in un momento cruciale: entro la fine di febbraio, infatti il Capitolo voterà il nuovo testo costituzionale, che verrà poi consegnato a papa Francesco per la ratifica definitiva. La scoperta degli scandali relativi a Maciel ha inferto una ferita gravissima alla Legione, che è stata sottoposta, nel 2010, due anni dopo la morte del fondatore, per volontà di papa Benedetto XVI, a una visita apostolica al termine della quale, spiega Clariond, «la Santa Sede ha riconosciuto che la maggioranza dei Legionari agivano correttamente ma che c’erano alcuni aspetti della vita della Legione da riformare».

Di qui la necessità di rivedere le Costituzioni e la creazione di una commissione ad hoc: «Abbiamo riflettuto su ciò che siamo, sulla nostra identità, sul nostro modo di vivere», afferma Clariond, spiegando che a questo processo, durato tre anni, hanno partecipato tutti i legionari. La commissione ha presentato materiale per la discussione e una proposta di rinnovamento. Ogni comunità territoriale ha prodotto una sintesi e la commissione centrale le ha presentate alla commissione presieduta dal card. De Paolis con la partecipazione dei canonisti p. Gianfranco Ghirlanda e p. Agostino Montan. Oltre alla revisione degli statuti, però, si è reso necessario anche un cambiamento nella formazione dei seminaristi: «Ancora è da approfondire il percorso», ha detto Clariond. «Adesso si garantisce maggiore distinzione fra foro esterno e foro interno. Si sono effettuati cambiamenti anche nella struttura del nostro seminario a Roma». Se prima si privilegiava l’attività apostolica rispetto agli studi, ora c’è anche un «maggior senso di partecipazione alla Chiesa locale e viene data al seminarista più responsabilità nel proprio percorso vocazionale. Abbiamo acquisito un maggior senso di realismo sui nostri limiti e sulle nostre capacità».

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