Dieci, forse 13 mila. È difficile stimare quanti omosessuali siano morti nei campi di concentramento. Valutare con certezza quale sia stata la portata dell’omocausto, come è stato ribattezzato, è un’impresa complessa. Perché, una volta che i carri armati alleati hanno abbattuto i cancelli dei lager nazisti, moltissime delle persone che fino a quel momento erano state costrette a indossare una divisa a righe con cucito un triangolo rosa, hanno preferito ritirarsi nell’anonimato, perché la persecuzione, per loro, ancora non era finita.
“Quello che non si dice – spiega Marco Reglia, referente per le iniziative sulla memoria di Arcigay – è che la repressione degli omosessuali, che nel periodo nazista ha fatto registrare il suo picco, era in vigore prima di Hitler e lo è stata dopo”. Molti dei sopravvissuti, infatti, vennero riarrestati, perché il Paragrafo 175 del codice penale tedesco – in vigore dal 1871 – che aveva portato al loro arresto lo rimase sino al 1969 e, anche se in parte riformato, venne abolito definitivamente solo nel 1994: il Paragrafo 175 considerava un crimine ogni gesto tra uomini giudicato sconveniente. “Nel periodo nazista l’omosessualità era considerata un handicap, una malattia contagiosa che avrebbe potuto compromettere la perfezione della razza ariana – continua Reglia –: era, quindi, un problema interno”. Si iniziava tentando di curare la malattia: moltissime sperimentazioni vennero fatte sugli omosessuali nei lager (la percentuale dei morti è stimata intorno al 60 per cento, nel caso di prigionieri politici è del 41). Poi, si passava alla castrazione: “Moltissime volte erano gli stessi omosessuali a chiederla: si sentivano sbagliati”.
L’ultimo passaggio, l’eliminazione. In Italia, il primo codice penale italiano, il Codice Zanardelli del 1889, non prevedeva una norma contro l’omosessualità (al contrario del codice penale sardo poi esteso, dopo il 1861 a tutta la penisola): “Ma questo non significa apertura, anzi: se ci fosse stato un articolo specifico, ci sarebbero stati degli arresti e, di conseguenza, pubblicità. Invece, non si disse nulla, così nessuno ne avrebbe parlato. A una repressione corrisponde una reazione che la contrasta. Senza una norma che nega un diritto, tutto è sepolto nel silenzio”. Un silenzio durato fino agli anni Settanta, quando alcuni militanti hanno cominciato a fare ricerche e a parlare di quello che successe agli omosessuali e ad altre minoranze nei lager nazisti. Un silenzio che, per alcuni versi, arriva sino a oggi. Per questo, per dare voce, oltre che a ebrei, anche a gay, lesbiche, travestiti, rom, sinti, prostitute, testimoni di Geova, anarchici, sono moltissime le iniziative che si rincorrono in tutta Italia in occasione del Giorno della Memoria.
Bologna. Tante le iniziative a Bologna. Si comincia questa sera alle 19 al Cinema Odeon con la proiezione di “Il rosa nudo” (ingresso 3,5 euro), film che racconta storia di Pierre Seel, internato e torturato dai nazisti nel 1941. Lavoro sperimentale del regista cagliaritano Giovanni Coda, “Il rosa nudo” prende spunto da “Moi, Pierre Seel, déporté homosexuel”, autobiografia di Seel in cui racconta il suo internamento nel campo di Schirmeck, dove assistette alla morte atroce del compagno. Dopo il film, interverranno il regista, Luki Massa, direttrice di Some Prefer Cake, Porpora Marcasciano, direttrice di “Divergenti” ed Enza Negroni, presidente di DER-documentaristi Emilia-Romagna.
Lunedì 27 gennaio alle 9.45 al giardino di Villa Cassarini, commemorazione delle vittime gay, lesbiche e trans del nazifascismo presso la lapide che le ricorda.
Sempre lunedì, ma alle 16, a Palazzo Marescotti sarà proiettato “Paragraph 175” di Rob Epstein e Jeffrey Friedman, uno dei primi documentari sull’omocausto. La proiezioni sarà preceduta da una conferenza di Marco Reglia su “Nazismo e omosessualità: l’apice di una lunga e continua repressione”.
Infine, alle 21 nella sede del circolo Arcigay, inaugurazione di “Rosa Cenere”, mostra curata da Jacopo Camagni realizzata dai volontari del gruppo Peopall e prodotta da Cassero gay lesbian center in collaborazione con Renbooks. Diacissette tavole di 19 giovani artisti – illustratori e fumettisti – per raccontare 11 storie di gay e lesbiche perseguitati durante il nazifascismo. All’inaugurazione parteciperà Lucy, transessuale sopravvissuta ai campi di concentramento.
Roma. Per domenica 26 gennaio l’Associazione 21 luglio e l’Associazione Sucar Drom organizzano “Samudaripen. Tutti morti. Memorie dello sterminio dimenticato di rom e sinti”. Alle 18, presentazione di “Memors, il primo museo virtuale del Porrajmos in Italia. La persecuzione dei Rom e dei Sinti nell’Italia fascista”. Alle 19, il convegno “Respingere, contenere, concentrare. Le declinazioni dell’esclusione dallo sterminio nazifascista alle attuali politiche securitarie”. Interverranno Luca Bravo dell’Università Telematica L. Da Vinci di Chieti, Gabriele Rigano dell’Università per Stranieri di Perugia, Sergio Bontempelli di OsservAzione onlus, con la video testimonianza di Moni Ovadia. Alle 20, proiezione di ‘Terrapromessa’: il campo rom di Masseria del Pozzo a Giugliano, Napoli, protagonista del documentario di Mario Leombruno e Luca Romani.
Anche quest’anno, l’Istituto Statale Sordi (Iss) conferma la propria adesione alla Risoluzione Onu 60/7 Holocaust Remembrance organizzando un seminario di commemorazione delle vittime dell’olocausto. ‘Testimonianze Silenziose’ si terrà giovedì 30 gennaio 2014 alle ore 16 presso la Sala Seminari dell’Istituto Statale Sordi. Per l’occasione sarà proiettato il documentario “Noi c’eravamo. La seconda guerra mondiale nelle testimonianze dei sordi romani”, prodotto da una collaborazione tra l’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione – CNR e l’Istituto Statale Sordi e Cooperativa Le Farfalle. ‘Noi c’eravamo’ racconta i mesi dell’occupazione nazista di Roma dal punto di vista di bambini e ragazzi sordi che guardavano il mondo degli adulti e cercavano di comprendere la ferocia della guerra. Divenuti anziani, i bambini di un tempo hanno deciso di affidare la memoria del proprio vissuto alle nuove generazioni di sordi. La narrazione e le testimonianze sono rese interamente in Lingua dei Segni Italiana (LIS). La proiezione sarà accompagnata da una performance teatrale tratta dallo spettacolo “Oltre gli occhi” della Compagnia CineTeatro Laboratorio Zero con la regia di Dario Pasquarella.
Torino. Domenica 26 gennaio, in piazza Castello, dalle ore 16 ‘Attenti a non ripetere’, flash mob dedicato a dedicato a tutte le vittime dell’Olocausto: per ricordare Ebrei, Rom, Sinti, omosessuali, disabili, oppositori politici, testimoni di Geova e tutti coloro che sono caduti durante l’occupazione nazista dell’Europa nella Seconda Guerra Mondiale. (ambra notari)