«Al generale Augusto Pinochet Ugarte e alla sua distinta sposa signora Lucia Hiriarde Pinochet, in occasione delle loro nozze d’oro matrimoniali e come pegno di abbondanti grazie divine, con grande piacere impartisco, così come ai loro figli e nipoti, una benedizione apostolica speciale». La dedica di Giovanni Paolo II° al sanguinario golpista cileno non sembra poi così indelebile nella coscienza collettiva. Suona grottesca, nel giorno della canonizzazione, la descrizione di Dario Fo sul presunto disagio di Woityla nel farsi ritrarre con il dittatore in Cile. Non solo il papa polacco ha pubblicamente abbracciato il dittatore ma gl’ha spedito un telegramma di auguri del 1993 e una successiva lettera di solidarietà quando venne arrestato in Gran Bretagna per essere estradato in Spagna, effettuando pressioni sulle autorità inglesi per bloccarne il processo di estradizione.
Quando l’arcivescovo salvadoreño Óscar Romero andò in visita in Vaticano, Giovanni Paolo II lo esortò a «sforzarsi di avere una relazione migliore con il governo del suo Paese» e a «non avvicinarsi troppo a forze dell’opposizione», ritenute violente. E proclamò cardinale Pio Laghi, complice della “guerra sporca” in Argentina e proclamò santo Josemaría Escrivá de Balaguer, fondatore dell’Opus dei, braccio destro dei governi scaturiti dal Piano Condor.
Sui siti anticlericali viene ricordata la controversa beatificazione del cardinale Alojzije Stepinac, vescovo di Zagabria dopo la fine della seconda guerra mondiale dal governo comunista di Tito con l’accusa di aver collaborato con gli occupanti nazifascisti e di aver appoggiato le conversioni imposte con la forza ai Serbi ortodossi ad opera degli Ustasha nel complesso di Jasenovac, un lager in cui avvennero numerose stragi e il cui comandante fu per due mesi il frate Miroslav Filipović-Majstorović espulso dall’ordine nel 1942.
E cosa dire dell’ordine imposto ai vescovi di tutto il mondo nel marzo 2003 di tacere alle autorità civili dei propri Paesi su qualunque caso di pedofilia del clero? L’ordine venne firmato dal “papa emerito” Ratzinger e dall’attuale segretario di Stato vaticano, Raffaele Bertone, all’epoca responsabile e vice della Congregazione per la dottrina della fede che una volta si chiamava tribunale dell’Inquisizione. Forse in Italia, negli Usa, in Australia, in Austria, in Irlanda, non ci sono molti bambini di allora così persuasi di questa beatificazione.
La pandemia di Aids deve molto all’ostinazione di Woityla contro il contraccettivo, l’autodeterminazione delle donne e, più in generale, contro una sessualità consapevole e libera. E’ stato un papa omofobo (l’omosessualità sarebbe contronatura e il matrimonio gay una minaccia per la società).
In una lettera del 5 giugno 1982, il banchiere Roberto Calvi scrive a papa Giovanni Paolo II cercando aiuto: «Santità sono stato io ad addossarmi il pesante fardello degli errori nonché delle colpe commesse dagli attuali e precedenti rappresentanti dello IOR, comprese le malefatte di Sindona…; sono stato io che, su preciso incarico dei Suoi autorevoli rappresentanti, ho disposto cospicui finanziamenti in favore di molti Paesi e associazioni politico-religiose dell’Est e dell’Ovest…; sono stato io in tutto il Centro-Sudamerica che ho coordinato la creazione di numerose entità bancarie, soprattutto allo scopo di contrastare la penetrazione e l’espandersi di ideologie filomarxiste; e sono io infine che oggi vengo tradito e abbandonato…». Poi Calvi fu ucciso perché non parlasse di come lo Ior non aveva restituito i soldi di Cosa Nostra transitati per il Banco Ambrosiano e connessi alle operazioni finanziarie che la banca vaticana realizzava per conto di clienti italiani che volevano esportare il proprio denaro in barba alle leggi dello Stato.
Non si capisce cosa ci sia stato di santo nell’opporsi all’estradizione di Marcinkus da cui dipendevano i finanziamenti a Solidarność. Secondo Licio Gelli: «Nel settembre 1980 Calvi mi confidò di essere preoccupato perché doveva pagare una somma di 80 milioni di dollari al movimento Solidarność e aveva solo una settimana per versare il denaro».
Ma secondo alcuni anche il mito di Giovanni XXIII sarebbe «fasullo e posteriore». Cesare Cavalleri, direttore di Studi cattolici, ricorda che «tutti i documenti dottrinali e gli interventi di Giovanni XXIII attestano la sua stretta e rigorosa ortodossia». Altro che innovatore e tantomeno papa buono: «La notizia più grave del giorno è il ritiro di Mussolini dal potere. L’accolgo con molta calma. Il gesto del Duce lo credo atto di saggezza, che gli fa onore. No, io non getterò pietre contro di lui. Anche per lui sic transit gloria mundi. Ma il gran bene che lui ha fatto all’Italia resta. Il ritirarsi così è espiazione di qualche suo errore. Dominus parcat illi (Dio abbia pietà di lui)», ebbe a scrivere Angelo Giuseppe Roncalli, il futuro Papa “buono” Giovanni XXIII°, nel luglio 1943, dopo l’arresto di Mussolini. Lo stesso Concilio Vaticano II era stato affidato, nella fase preparatoria, al più che ortodosso cardinale Ottaviani e nelle intenzioni del Papa tutto avrebbe dovuto concludersi «entro Natale». Poi nacque il mito del «Papa buono», pacioso e gioviale, che stringeva la mano a John Kennedy o riceveva nel suo studio il direttore della sovietica Isvestija.
«Mito fasullo e posteriore – secondo Cavalleri – di cui finì col restare prigioniero quando era ancora in vita. E dire che la sua abilità diplomatica, molto poco campagnola, si era già vista a Parigi, quando aveva messo in campo mondanità, diplomazia e persino alta gastronomia (aveva assunto il miglior cuoco di Parigi) per servire la causa vaticana».
Fu proprio Roncalli a scrivere in difesa della tradizione della lingua latina e per l’inasprimento delle censure contro i comunisti. Nella “Veterum sapientia” (lo rintracciamo da un inserto del Corsera), la costituzione apostolica, ribadiva la necessità della lingua sacra, affrancata dalla schiavitù dell’uso corrente che con il passar del tempo ne altera i significati; riafferma la dignità indiscussa e la somma utilità del latino e del greco (le lingue “cattoliche”, come le chiama) e auspica che nei seminari i corsi siano tenuti in tali lingue; riafferma che la ratio studiorum ecclesiastica riacquisti la propria originalità fondata sullo specifico dell’homo clericus, e quindi che si riduca al minimo l’incidenza delle scienze profane.
Circa il comunismo, poi, il 25 marzo 1959, non si limita a rinnovare la scomunica che Pio XII nel 1949 aveva lanciato contro chi si iscrive a partiti comunisti o filocomunisti o alleati con essi, ma la estende persino a coloro che votano per tali partiti. Non ci sarebbe nemmeno una riga del futuro papa di perplessità rispetto alla Shoah ma solo tracce della preoccupazione per l’emigrazione degli ebrei in Palestina e della pericolosa utopia sionista, cioè la ricostruzione del «regno d’Israele».
In una lettera ai familiari nel ’40, Roncalli ebbe parole sante per la Germania, che ai suoi occhi aveva dato prova di ammirevole compattezza nazionale al momento della fulminea vittoria sulla Francia. Una società fatta di uomini «pronti e forti», ben meritevoli di imporsi sulla «sfibrata democrazia francese». I tedeschi di Hitler come le «vergini sagge» che conservano l’olio della fede, mentre i francesi aggrediti gli appaiono simili alle «vergini stolte». I passi più delicati di queste lettere verranno significativamente soppressi nella prima edizione dell’epistolario giovanneo, curato da monsignor Loris Capovilla nel ’68. Secondo lo storico Zunino, Roncalli era «perfettamente inserito nella cultura cattolica di maggioranza, allineato al fascismo, estimatore della Controriforma (di cui era stato uno studioso), pronto a riconoscere alla Germania il ruolo di nazione guida dell’Europa, nemico del comunismo sovietico ma anche sospettoso delle democrazie occidentali, considerate anticattoliche».
Su Micromega, il prete genovese Paolo Farinella, ricorda «Giovanni Paolo II, re di Polonia, Imperatore della Chiesa cattolica, idolo dei reazionari dichiarati e di quelli travestiti da innovatori (…) Il cardinale Carlo Maria Martini, interrogato al processo di santificazione, disse con il suo tatto e il suo stile, che sarebbe stato meglio non procedere alla santificazione di Giovanni Paolo II, lasciando alla storia la valutazione del suo operato che, con qualche luce, è pieno di ombre. Il cardinale disse che non fu oculato nella scelta di molti suoi collaboratori, ai quali, di fatto, delegò la gestione della Chiesa e questi ne approfittarono per fare i propri e spesso sporchi interessi. Per sé il papa scelse la «geopolitica»: fu padre e promotore di Solidarność, il sindacato polacco che scardinò il sistema sovietico e che Giovanni Paolo finanziò sottobanco, facendo alleanze, moralmente illecite: Comunione e Liberazione, l’Opus Dei e i Legionari di Cristo (e tanti altri) furono tra i principali finanziatori e sostenitori della politica papale, in cambio ebbero riconoscimento, santi propri e anche condoni morali come il fondatore dei Legionari, padre Marcial Maciel Degollado, stupratore, drogato, donnaiolo, puttaniere, sulle cui malefatte il papa non solo passò sopra, ma arrivò persino a proporre questo ignobile figuro di depravazione «modello per i giovani». In compenso, il sacerdote tende ad accreditare l’odore di santità al Roncalli, considerato antimilitarista e innovatore rispetto al militarista e restaturatore Wojtyla.
Ma l’imponente operazione di canonizzazione, in onda oggi a reti unificate, va letta non solo in chiave ideologica quanto in chiave finanziaria. La macchina vaticana è capace di cavar fuori soldi dai sassi, specie se questi sono i sassi antichi delle mura romane.
Roma Capitale spenderà 11 milioni di euro per la canonizzazione dei papi Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII. Cifre rivelate da il Messaggero, non certo dal bollettino dell’Uaar. Dal Vaticano, invece, soltanto un contributo di 500mila euro mentre è quasi impossibile contare quanti gliene entreranno dai pellegrini commossi. 4,7 milioni a disposizione dell’Ama per la gestione dei servizi igienici, il decoro e la pulizia. Più di due mila gli agenti in servizio, prima della cerimonia tutta l’area della celebrazione verrà isolata e vagliata dalla Digos e dagli esperti antiterrorismo, in azione anche le squadre di bonificatori, con il controllo anche dei tombini e le ispezioni sul sottosuolo. C’è un un servizio no-stop per Metro A e B fino alla mezzanotte e mezza del 28 aprile (fa eccezione la metro B1, che terminerà il servizio all’1,30 il sabato e alle 23,30 la domenica), navette di collegamento con San Pietro, un piano pullman che prevede 4.326 permessi. Operativi 4.400 vigili, 2.630 volontari della Protezione civile. Saranno disponibili in città quasi mille bagni chimici. Quattro i maxischermi, tra via dei Fori Imperiali, piazza Navona e piazza del Popolo. Dopo la cerimonia, i fedeli potranno continuare ad accedere alla Basilica per pregare e venerare le tombe dei due santi. Sessanta i charter con pellegrini previsti, 1700 autobus arriveranno soltanto dalla Polonia.
In fondo si può dire che, oltre alla manipolazione della storia, il vero miracolo di ogni papa è quello di qualunque impresa capitalista: estrenalizzare le internalità. Ossia prendersi tutti i profitti e scaricare le spese sugli altri.