«Vivo lavorando, altro che latitanza dorata», «nell’ordinanza di custodia cautelare ci sono un sacco di sciocchezze». Lo afferma a Repubblica, Amedeo Matacena. «Non avevo nessuna intenzione di andare a Beirut – spiega -, un’idea del genere non mi ha neppure sfiorato. Sarebbe stata una follia. Io mi trovo in un Paese in cui non esiste l’estradizione, perchè sarei dovuto andare in Libano dove invece esistono accordi bilaterali con l’Italia? Tra l’altro anche volendo mi è stato ritirato il passaporto e non posso muovermi da Dubai».
Sulle intercettazioni tra la moglie e l’ex ministro Claudio Scajola, Matacena afferma: «Secondo me è andata nel panico ed ha cercato di trovare una soluzione rivolgendosi a chiunque potesse aiutarla sia in Italia che all’estero. È stata nient’altro che una legittima richiesta d’aiuto. Claudio Scajola è un amico di famiglia e oltre ad essere un politico è anche un avvocato». «Sono stato condannato ingiustamente – si difende quindi Matacena -, è stato un processo politico. Aspetto gli esiti dei ricorsi». «Da quando sono fuori – fa poi sapere – non ho ricevuto un euro da nessuno, mi mantengo lavorando», «faccio il maitre in un locale: di quello vivo, altro che latitanza dorata. Lavoro a Dubai come ho sempre fatto nella mia vita. Non chiedetemi dove lavoro perchè non posso dirlo, ma è così».