“Oggi nun se magna gratis, qui si premia chi ha fatto una scelta di civiltà, rinunciando agli introiti del gioco d’azzardo”. E sono in tanti a condividere questa scelta: largo Appio Claudio, lungo la via Tuscolana, brulica di ragazzini, biliardini, cartelli contro le slot-machine e gente che si accalca a fare colazione nei due bar premiati da SlotMob. Il merito è aver detto no alle macchinette mangia-soldi.
“Si rinuncia a cinque stipendi – spiega il signor Antonello, titolare del bar Zero 9, senza smettere di servire caffè e cornetti nella calca -, ma è il nostro modo per fare del bene al prossimo. Non voglio vedere nel mio bar gente rovinata dal gioco”. “Mi avevano fatto pressioni, mi avrebbero pure dato una macchinetta piccola pur di farla stare nello spazio angusto – racconta la signora Tiziana, tutto il giorno a correre nell’American Bar che si affaccia proprio sul piazzale -, ma non mi andava proprio di avere come clienti dei disperati”.
Così SlotMob, che ha per slogan “Un bar senza slot ha più spazio per le persone” è approdato a Roma con una giornata dedicata a questi due caffè, scoperti casualmente (“Vengono qua a prendersi il caffè e mi hanno sentito ripetere che il gioco qua non lo voglio”, spiega Antonello): un evento di sensibilizzazione che dallo scorso settembre ha toccato 50 città e coinvolto 150 associazioni, “per sensibilizzare l’opinione pubblica sui gravi danni che l’incentivo legalizzato al gioco d’azzardo sta recando al nostro Paese”. Ci sono gli scout, i biliardini e altri giochi da tavolo, la banda e il solista con la chitarra, politici locali che sostengono l’iniziativa, Libera e la Caritas, tantissimi ragazzini che giocano e distribuiscono volantini ai passanti del sabato mattina.
Un signore si presenta sorridente, spiega che è da 16 mesi che non gioca, è seguito al Gemelli, e non se la sentirebbe di giocare nemmeno a biliardino. La signora Angelina, del presidio Roma 7 di Libera, spiega: “Il biliardino è proprio la contrapposizione positiva del gioco, sociale e gratuito, contro una dipendenza solitaria e che rovina, in inglese ci sono due parole diverse per indicare i due sensi di gioco”.
“Abbiamo avuto adesioni da tanti tipi di associazioni – spiega Leonardo Becchetti, professore di economia all’università di Tor Vergata – così come adesioni politiche trasversali. E partecipazione è stata tanto più calorosa nelle zone dove il gioco è una piaga sociale, dove se ne toccano con mano gli effetti disastrosi.
Per questo gli eventi sono partiti da Biella, una delle zone più martoriate. Il mercato crea prodotti che diano dipendenza, in modo da assicurarsi dei consumatori fissi. Scegliere di andare in bar che hanno deciso di rinunciare alle slot-machine diventa una scelta etica che ha ripercussioni sull’economia”. “Ormai mettono macchinette dappertutto, persino vicino alle scuole, negli stabilimenti balneari”, dice una signora, “È che ai livelli alti ci sono troppi interessi, lo stato guadagna un sacco di soldi e non gli interessano i costi sociali”, commenta un altro signore.
Nel 2012 sono stati giocati più di 80 miliardi di euro in Italia, con un incasso netto dello Stato di circa un decimo. Contemporaneamente, però, si calcolano 800 mila persone a rischio dipendenza, famiglie rovinate, anziani che si giocano la pensione gente che con la crisi spera solo nel colpo di fortuna.
Vittorio Pelligra, docente di Economia delle decisioni all’università di Cagliari, racconta che una mattina, andando a fare colazione durante un convegno, si accorse coi colleghi che sceglievano deliberatamente di andare in locali che non avessero azzardo.
“Si trattava semplicemente di rendere contagiosa la scelta, un fenomeno cresciuto dal basso ed esploso nel fare rete – racconta -, una rete che rimane anche dopo lo Slot Mob. Il gioco non viene ancora percepito culturalmente come un problema, va diffusa l’idea che non si fanno profitti sui più deboli. I cittadini hanno la responsabilità di premiare chi fa questa scelta”.
Una scelta che nell’immediato nega quegli introiti economici fissi, circa 400 euro a macchinetta, spiega Carlo Cefaloni, portavoce della campagna. Dove arriva il gioco d’azzardo arriva anche la malavita organizzata e l’usura. “Persino per rescindere il contratto è necessaria un’assistenza – spiega -. e nessuno lo fa per darsi visibilità, non abbiamo nemmeno numeri certi su quanti rinunciano alle slot, a meno che non ci contattino direttamente. Ma sta crescendo un sentire comune, non solo attraverso le associazioni, ma anche con tanti gruppi informali, verso una presa di coscienza e di responsabilità verso l’altro”. (Elena Filicori)