«Di menzogne è intessuta tutta la storia del Tav», spiega Nicoletta Dosio mentre dalla sua ValSusa sta per arrivare a Genova, ennesima tappa della sua campagna elettorale per le europee, lista Tsipras, L’Altra Europa, quella che non vuole “maleopere”, come le chiama lei.
Di nuovo c’è che stanotte una sentenza della Corte di Cassazione ha annullato la sentenza del tribunale della libertà che ora dovrà riformulare il reato per Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò. In poche parole per i quattro cade l’accusa di terrorismo e il tentativo spregiudicato della procura di Torino che li tiene in carcere dallo scorso dicembre.
«Se questa accusa è caduta è soprattutto per la determinazione del movimento – dice Nicoletta Dosio – il potere ha il solo scopo di tagliare gambe alle lotte e mandare a casa le persone. Quello
che vogliamo è che Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò non facciano un minuto in più di galera e che si fermi l’opera. Di falsità è intessuta la storia della repressione contro di noi». E ricorda come sia caduta solo poche ore prima della Cassazione anche l’accusa dell’autista di Rinaudo, uno dei pm impegnati a tessere il teorema intorno ai No Tav. Costui, un ex carabiniere in servizio come autista alla procura, aveva detto l’11 aprile di essere stato aggredito da tre attivisti mascherati. Ma non è stato creduto nemmeno dai pm così è indagato per simulazione di reato nell’imbarazzo generale dell’apparato politico-militare-industriale che vuole a tutti i costi sventrare la Val Susa per l’alta velocità Torino-Lione.
«Chissà che dirà ora – continua Nicoletta – la figlia di Rinaudo, ora candidata per Fratelli d’Italia, che pretendeva la nostra solidarietà per un “lavoratore picchiato”».
Torniamo all’estrema forzatura dei “pm con l’elmetto”, come li definisce il sito Info.notav, che hanno basato tutta l’accusa sul reato del “270 sexies’(connesso al 280 ): “attentato con finalità terroristiche, atto di terrorismo con ordigni micidiali ed esplosivi, oltre che detenzione di armi da guerra e danneggiamenti”. Quella mossa va in pezzi se giudicata fuori «dalle mura amiche della città di Torino».
Esiste un ‘caso Torino’, per il movimento, perchè di fatto la Cassazione è da 13 anni annulla le fantasie della procura.
2001: la cassazione annulla le sentenze di Torino che condannavano Edo, Sole e Baleno per associazione sovversiva. Ma Sole e Baleno non c’erano più, la persecuzione li aveva già ammazzati.
2012: la cassazione annulla l’ordinanza del tribunale del riesame di Torino che ha tenuto in carcere per mesi due no tav accusati di resistenza e violenza a pubblico ufficiale.
2014: la cassazione annulla l’ordinanza del tribunale del riesame di Torino che aveva confermato l’accusa di terrorismo contro 4 no tav, tenendoli in carcere per 6 mesi.
Tutte misure richieste dalla procura di Torino, oggi come 13 anni fa e tutte puntualmente smentite dalla Cassazione di Roma.
«Tutte richieste che sembravano e sembrano smisurate, sproporzionate, assurde, gonfiate, senza bisogno di essere giuristi – si legge sul sito – sarebbe ora di prendere atto dell’anomalia in corso nella procura torinese e nel pool di pm con l’emetto che oggi, dopo il dossier sulle strane amicizie del pm Rinaudo, la bufala dell’aggressione all’autista (montata poi da pm e media) e la sentenza odierna, ha perso definitivamente credibilità».
Ritornano le parole di Nicoletta: «Di menzogne è intessuta tutta la storia del Tav». Dalla presunta necessità del progetto fino all’accusa di terrorismo passando per gli omicidi di Sole e Baleno.
E la persecuzione contro i No Tav sembra fatta da grandi teoremi come quelli contro Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò e piccoli abusi e gesti di intimidazione. Lo scorso 29 aprile un legale torinese ha presentato alla Procura di Milano (competente in quanto l’indagato è un magistrato di Torino) una denuncia nei confronti di Giancarlo Caselli per i reati di abuso d’ufficio e peculato d’uso.
Caselli, in quanto Procuratore Capo della Repubblica di Torino, prima che fosse aperto alcun fascicolo, ha incaricato la digos di svolgere indagini su alcune frasi postate dall’avvocato sul proprio account facebook, anche al fine di identificarlo. La notizia si legge sul sito del Legal team Europa, gli avvocati con la pettorina, quelli a disposizione dei manifestanti durante le manifestazioni, quelli che provano a riflettere e far riflettere sulle storture dei codici nei confronti di chi pratica il conflitto sociale.
Sulla base di tali indagini (che la Procura di Torino non poteva richiedere, essendo competente la magistratura milanese) Caselli ha presentato querela per diffamazione, ritenendo che il suo onore fosse stato oltraggiato da frasi ironiche, molte delle quali neppure indirizzate a lui e comunque manifestazione di libera espressione del pensiero.
Nel fascicolo relativo al reato di diffamazione a carico dell’avvocato torinese era contenuta la documentazione che ha permesso di accertare che Caselli ha utilizzato un apparato dello stato perché conducesse indagini (come fosse un’agenzia investigativa privata) per il suo privato interesse, in quanto dirette ad indagare su di un soggetto che egli intendeva querelare per aver offeso il suo onore.
«Si tratterebbe di uno tra i tanti casi – scrive il Legal team – in cui un pubblico funzionario viene perseguito per l’utilizzo privato di beni pubblici (come ad esempio per l’utilizzo personale del telefono d’ufficio) se il nostro collega non fosse un avvocato impegnato nelle lotte sociali e nel movimento no-tav e se il funzionario in questione non fosse l’ex capo di quella Procura che sta conducendo indagini e processi contro il movimento no-tav con le modalità che tutti conoscono, da lui ispirate. Per quel che più ci attiene, in quanto avvocati, riteniamo che la conduzione dei processi in corso a Torino per fatti avvenuti nel corso delle mobilitazioni contro il TAV Torino-Lione non dia piena garanzia ai diritti della difesa degli imputati.
Si è scelto di drammatizzare la situazione e criminalizzare il diritto di manifestare, con la celebrazione dei processi nell’aula bunker, le imputazioni di terrorismo e la sottoposizione a regime carcerario speciale per gli imputati di questo processo, l‘utilizzazione del sistema di videoconferenza; un clima da “anni di piombo” artificioso e tendente ad accreditare la figura dell’oppositore politico come un nemico dello stato, verso il quale applicare un diverso diritto penale, il diritto penale del nemico. In questo clima la scoperta che il Procuratore capo ha utilizzato per scopi privati le risorse degli uffici pubblici che conducono anche le indagini su eventuali reati nell’ambito delle lotte del Movimento no-tav, non può che far aumentare l’inquietudine nostra e di tutti i cittadini democratici sull’effettiva possibilità che i processi si tengano in un clima esente da condizionamenti esterni e che venga tutelata la terzietà del Giudice.
Nella stessa Torino si sta svolgendo un processo a carico di un altro nostro collega, in seguito a querela di un sostituto Procuratore della Repubblica che si è ritenuto diffamato dalle critiche a lui portate in merito alla conduzione delle indagini che hanno condotto all’archiviazione del procedimento per l’omicidio di Carlo Giuliani.
Pur se i due processi non sono direttamente collegati, è impossibile non rilevare che in entrambi i casi viene attaccata, oltre alla la libertà d’opinione, la figura professionale di colleghi che si battono dentro e fuori le aule giudiziarie per la tutela e lo sviluppo dei diritti fondamentali, e segnatamente perché mai vengano meno le garanzie defensionali che la Costituzione e la normativa internazionale giustamente considerano presidio indeflettibile di democrazia».