“Ci spiace deludere chi prova a fare della vicenda Rai una operazione mediatica buttando in caciara la protesta di chi sta provando a difendere servizio pubblico e posti di lavoro, ma l’11 giugno a scioperare non saranno i mezzibusti sediziosi, guidati da un insieme variegato di sindacati corporativi, pronti a difendere privilegi mentre l’Italia tutta è chiamata a fare ancora sacrifici”. È quanto si legge in una nota unitaria dei sindacati di categoria Slc-Cgil, Uilcom-Uil, Ugl Telecomunicazioni, Snater e Libersind Conf.sal. “A scioperare saranno coloro che da sempre e prima di tutti hanno denunciato sprechi e privilegi perché non è assolutamente l’idea di fare la nostra parte che ci preoccupa – continuano i sindacati – l’abbiamo già fatto in passato, contribuendo al risanamento del bilancio Rai e siamo pronti ancora oggi”.
“A preoccupare è invece un taglio chirurgico che – sostengono i sindacati – nasconde dietro la nobile causa della spending review un’operazione politica, toccando l’ennesimo asset strategico del paese, Raiway. Nessun ragionamento d’insieme, nessuna visione strategica, solo un intervento mutilante che in nessun modo potrà produrre benefici al servizio pubblico, ma che con qualche probabilità avvantaggerà i soliti noti”.
I sindacati di categoria proseguono poi dicendo: “Ci spiace deludere chi si sente umiliato da questo sciopero dichiarato illegittimo da quanti dovrebbero sapere che, come in ogni altra circostanza, la Commissione di garanzia sullo sciopero si limita ad invitare le organizzazioni a verificare la corretta applicazione della legge 146. Se lo sciopero fosse stato davvero illegittimo l’avremmo saputo a sciopero effettuato e solo allora, a istruttoria conclusa, verremmo sanzionati”.
“Ci preoccupa tutta questa disinformazione e ci sorprende che proprio mentre siamo impegnati a difendere il pluralismo quale valore democratico, si registri una comunicazione così uniformante e fuorviante. A scioperare saranno i precari che non verranno più stabilizzati e i lavoratori che vedono il loro posto in pericolo insieme a coloro che credono ancora che il servizio pubblico sia un bene comune, che va liberato dalle ingerenze e dalle invasioni della politica – conclude la nota – non i supermanager, che non vedranno tagliato il loro stipendio, né le mega consulenze esterne, né gli appalti. Noi stiamo con i primi, il popolo dei titoli di coda, – concludono – e siamo pronti a riformare la Rai, non ci si chieda però di adeguarci all’ondata di populismo che sembra aver travolto tutto e tutti e che fa di chi chiede il confronto sul merito un nemico della Patria”.