L'Aquila: ergastolo per il duplice omicida Burhan Kapplani

La corte d'Assise ha disposto anche il risarcimento danni per le parti civili consistenti in 50mila euro ciascuna, oltre la perdità della patria potestà sui tre figli.

L'Aquila: ergastolo per il duplice omicida Burhan Kapplani
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10 Luglio 2014 - 17.49


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Ergastolo e sei mesi di isolamento diurno oltre alla perdita della patria potestà per Burhan Kapplani, il 49enne imprenditore albanese che il 17 gennaio 2013 freddò con quattro colpi di pistola, alla periferia est dell’Aquila, l’ex moglie Orietha Boshi e il nuovo compagno di lei Sheptim Hana, all’epoca rispettivamente di 36 e 39 anni. Si trattò di una vera e propria esecuzione già programmata, secondo la Procura, che ha contestato allo straniero il reato di omicidio plurimo premeditato. La sentenza, che ha ricalcato le richieste dell’accusa, ed e’ stata emessa dalla Corte d’Assise presieduta dal giudice Giuseppe Grieco, a latere Italo Radoccia, oltre ai sei giudici laici.

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L’imputato, padre di quattro figli, non si era rassegnato alla disgregazione della famiglia e al fatto che la sua ex si sarebbe risposata di lì a qualche mese. Si presentò armato nel parcheggio del supermercato Md di Bazzano dove si trovavano i suoi obiettivi. Esplose colpi mortali contro l’ex moglie che morì subito. La donna si trovava in auto con la propria madre che rimase incolume. Il suo nuovo compagno tentò la fuga a piedi ma venne ucciso da un proiettile di un’arma di piccolo calibro, una 7.65, che lo raggiunse alla nuca. La pistola, fu poi accertato, era stata rubata sin dal 2010 in una casa inagibile, a causa del terremoto, nel quartiere del Torrione all’Aquila. L’imputato, forse in un momento di confusione mentale, si allontanò lentamente a piedi ma fu subito catturato dai carabinieri, dopo la sua chiamata al 112 nella quale di fatto si costituì.

Da allora è sempre rimasto in carcere nonostante le richieste di detenzione domiciliare che sono state sempre respinte dal giudice per le indagini preliminari e poi dal Tribunale del Riesame anche per via del pericolo di fuga nel suo Paese che i magistrati hanno sempre ritenuto verosimile. Le parti civili che hanno chiesto e ottenuto di entrare nel processo sono i 3 figli della donna uccisa, i genitori della donna ed il fratello della stessa.

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