di Gianfranca Fois
Durante una conferenza a Monaco nel 1921 Magnus Hirschfeld cadde a terra ferito gravemente alla testa dai sassi lanciati da un gruppo di fanatici. Lo si diede per morto, aveva riportato la frattura del cranio, si riprese invece con grande disappunto degli ambienti conservatori tedeschi. Ma non era finita, nel 1923 a Vienna gli furono sparati contro numerosi colpi di pistola da parte di nazisti austriaci, il 6 maggio 1933, mentre si trovava in Francia, la villa a Berlino sede del suo Istituto di scienze sessuali che si occupava di problemi matrimoniali, aborto e omosessualità, fu attaccata e devastata dagli studenti della scuola di Educazione fisica guidati dalle squadre d’assalto naziste di Roehm e inoltre fu data alle fiamme la sua ricca biblioteca.
Quali erano le colpe di Hirschfeld? Tre agli occhi dei suoi contemporanei: era ebreo, gay e socialdemocratico, cioè di razza inferiore e asociale. In questi giorni in cui si ricordano le atrocità dei nazisti e dei fascisti e i loro campi di concentramento e sterminio mi sembra doveroso ricordare lo sterminio di tanti omosessuali. Soprattutto in un momento in cui, ancora oggi, sono sotto attacco da parte non solo dei governi di tanti paesi ma anche, in quegli stati che si definiscono democratici, da parte sia di gruppi nazifascisti e populisti sia, in Italia, anche di persone che ricoprono o che hanno ricoperto ruoli istituzionali.
E’ difficile quantificare il numero degli omosessuali perseguitati (si varia da 50.000 a 250.000, mentre circa 7.000 persero la vita nei lager a partire dal 1933), anche perché al termine della guerra dovettero affrontare oltre il dramma di non riuscire a narrare le proprie sofferenze, situazione simile a quella delle altre vittime, anche la vergogna e la paura. Questo impedì alla maggior parte di farsi avanti e di raccontare, di chiedere il risarcimento dei danni e il riconoscimento dello stato di perseguitati avvenuto alla fine solo nel 2001 e seguito nel 2002 dalle scuse ufficiali del Parlamento tedesco.
D’altra parte la stessa Germania mitigò soltanto nel 1969 il famigerato articolo 175 abolendolo completamente nel 1994, nella Germania orientale invece era stato mitigato nel 1949 e abrogato nel 1988. Inserito nel codice penale dal governo prussiano nel 1871 l’articolo 175 prevedeva il carcere per gli omosessuali e fu inasprito nel 1935 su pressione di Heynrich Himmler, capo delle SS e della Gestapo. Gli arresti divennero allora sempre più numerosi e spesso l’accusa di omosessualità fu usata come mezzo per eliminare uomini di potere invisi a Hitler. Infatti l’accusa era considerata infamante anche dall’opinione pubblica tedesca. Proprio Hirschfeld si batté strenuamente perché il paragrafo venisse espunto dal codice tedesco, ma la sua lotta fu fermata dall’avvento del Nazismo.
Il Nazismo, in linea con l’opinione pubblica di destra, da subito si scatenò contro i singoli omosessuali e contro l’intera collettività gay in Germania dove, soprattutto a Berlino, erano nati numerosi ritrovi e numerose case editrici omosessuali. La campagna antigay si fondava sul fatto che il loro comportamento era considerato contrario all’ideologia nazista che proclamava la necessità di procreare per contribuire alla grandezza della Germania. La persecuzione interessò soltanto i Tedeschi, proprio perché il crimine era ritenuto nocivo agli interessi della grande Germania in quanto metteva in pericolo la salute e la sopravvivenza della razza ariana.
Gli omosessuali furono divisi grosso modo in due fasce: i recuperabili, condannati alla rieducazione, ai lavori forzati o alla castrazione volontaria e gli irrecuperabili destinati ai lager. Fu varata tutta una serie di sperimentazioni atroci portate avanti da medici compiacenti che causarono spessissimo la morte degli internati tra atroci sofferenze. Uno di questi medici fu il danese Carl Vaernet che inventò un metodo per il recupero degli omosessuali: l’innesto di un tubo che rilasciava lentamente dosi di testosterone, la cui carenza sarebbe stata alla base delle tendenze omosessuali.
Alla fine della guerra fu denunciato dall’ordine dei medici danesi ma senza alcun risultato. Finalmente arrestato riuscì però a fuggire in Argentina grazie all’associazione nazista Odessa. Nei campi gli omosessuali erano contraddistinti da un triangolo rosa, erano assimilati a Slavi, Rom ed ebrei, considerati esseri inferiori. Ma si può forse parlare di una situazione ancora più drammatica di quella degli altri perché lo stigma di omosessuale li isolava dagli amici e dalle famiglie, rendeva quasi impossibile il rapporto con altri detenuti e anche qualsiasi forma di solidarietà.
Sembra impossibile ma con la Liberazione da parte degli alleati gli omosessuali non ottennero la libertà, infatti, essendo stati prima condannati al carcere in base all’articolo 175, non furono loro riconosciuti gli anni trascorsi in campo di concentramento e dovettero scontare il resto della pena.
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