La pazienza ha un limite. Saggezza antica, che rilanciamo alla notizia che in Sicilia c’è un altro viadotto che crolla. È stato chiuso, attraversa la Valle del Belice, unisce Palermo a Sciacca. Per alcuni chilometri si dovranno percorrere le strade che un tempo erano dei muli.
Quel che è già accaduto da Palermo a Messina, da Catania a Palermo; quel che è accaduto in tante altre strade dell’Isola, si sa. È tempo che si dispieghino i criteri di indagine utilizzati dai magistrati antimafia che hanno ereditato il lavoro di Falcone e Borsellino: ogni inchiesta è il tassello di un grande puzzle, quando hai indovinato l’ultimo tassello hai una risposta a quello che cercavi in tutti i tasselli del puzzle.
I crolli degli ultimi mesi, è vero, sono l’eredità di tempi di goduria per famelici appaltatori disponibili a pagare tutti. È vero, diverse di queste opere sono l’eredità di una prima Repubblica con tanti soldi in tasca, molti politici corrotti, e una fascia grassa di tecnici e dirigenti corrotti, e sdoganati dai politici corrotti. Ma è anche vero che ci sono scempi del nostro tempo, come il cemento depotenziato che si cerca nei campioni della strada veloce in costruzione tra Agrigento e Caltanissetta.
C’è un filo maleodorante che riesce ad attraversare il tempo e le Repubbliche, ad unire malcostume di ieri e di oggi. Inchieste recenti ci parlano di mazzette, di spartizioni, di voto di scambio, di assunzioni comandate, di carriere costruite a tavolino, di imprese che crescono sulla connivenza, con un “passi” che arriva dall’alto e consente loro di attraversare immuni la crisi che invece travolge tante altre.
La pazienza ha un limite, la politica oggi si deve misurare con questa emergenza, deve dare segnali chiari e inequivocabili, e dovrà essere valutata attorno al tema della legalità. E una discriminate prioritaria. E una urgenza. E’ una emergenza. E’ la più importante coordinata “geografica” della politica, al di là dei vecchi riferimenti.