“Ciao, mi chiamo Giulio e ho 28 anni. Il 25 gennaio stavo uscendo per incontrare un amico. Ma poi hanno bussato alla porta”. Inizia così la striscia a fumetti con cui Claudio Calia chiede verità per Giulio Regeni, il ricercatore italiano torturato e ucciso in Egitto. Una scelta nata e condivisa con BeccoGiallo Editore, sul cui blog è stata pubblicata. “Il ‘la’ ce lo ha dato la campagna #veritàpergiulioregeni lanciata da Amnesty Italia – racconta Calia – : alla richiesta di apporre uno striscione ovunque possibile per chiedere a gran voce verità sul suo caso, non potevamo che aderire e partecipare col linguaggio che ci è più affine, i fumetti”.
Claudio, su Giulio Regeni sono state dette e scritte tante cose, dall’Egitto sono arrivate tante versioni diverse, ma nessuna che contenesse la verità. Tu che idea ti sei fatto?
Temo che tante altre ne sentiremo e che come sempre in questi casi ricostruire la verità sarà dura. Credo che questo sia uno dei 500 casi del genere che avvengono in un anno in Egitto. Un Paese in cui vige qualcosa di molto simile a una dittatura e con cui nonostante tutto l’Italia intrattiene saldi rapporti commerciali.
La madre di Giulio ha detto che mostrerà le foto del corpo torturato di suo figlio, se necessario. L’hanno già fatto Patrizia Moretti e Ilaria Cucchi, credi che possa contribuire a smuovere qualcosa?
Probabilmente se Patrizia Moretti e Ilaria Cucchi non lo avessero fatto non avremmo saputo la verità sulle morti di Federico e Stefano: in entrambi i casi il moto di indignazione che ha chiesto a gran voce verità è nato dalla distanza siderale tra le scuse addotte (“è caduto per le scale” per esempio) e la violenza evidente esercitata sui loro corpi. Coltivo la speranza che in questo caso, per ottenere almeno delle assunzioni di responsabilità da parte di qualcuno, possa bastare la sola minaccia. Come dico nel fumetto, Giulio Regeni voglio ricordarlo sorridente.
Il fumetto è stato stampato e affisso nelle università e anche tradotto in inglese. Com’è nata questa idea? In modo spontaneo?
Sì! Partito dall’Università di Padova poi attraverso Facebook e Twitter la cosa si è diffusa, da persone che hanno stampato direttamente la striscia pubblicata sul sito ad altre che ne hanno chiesto versioni a qualità di stampa. Un fenomeno totalmente inaspettato e che non può che farci piacere, soprattutto per il messaggio che si porta dietro: siamo in tanti a chiedere Verità per Giulio Regeni.
Argomenti: Giulio Regeni