Sono passati quasi 9 anni da quel 26 aprile del 2007, quando Doina Matei conficcò la punta di un ombrello in un occhio a Vanessa Russo al culmine della lite nella stazione della metropolitana Termini di Roma: la 23enne morì. Oggi la Matei – condannata a 16 anni di carcere – è in regime di semilibertà. La donna di giorno lavora in una cooperativa, la sera torna a dormire nel carcere di Venezia.
Il Messaggero ha addirittura pubblicato anche alcune foto prese dal profilo Facebook della ragazza, che al processo si è sempre difesa spiegando che non era sua intenzione uccidere. In un racconto Doina scrisse che “quando tornerò nel mondo il mio primo appuntamento sarà nuovamente con la morte: la prima cosa che farò sarà andare al cimitero di Prima Porta sulla tomba di Vanessa”.
Il quotidiano romano, che non svela lo pseudonimo con cui ha aperto una pagina sul social network, pubblica le foto di “quella ragazza che sorride in bikini al mare sopra uno scoglio, che si fa le foto in giro per Venezia, ritratta al laghetto con un bimbo in braccio”. Purtroppo questi sono i media: forcaioli, che pensano sempre che ogni condanna è a vita e che il carcere sia punizione e non tentativo di reinserimento.
Il legale Doina Matei: “Ha diritto di reinserirsi in società”. “La donna ha ora il diritto di reinserirsi nella società”. Così l’avvocato Nino Marazzita, difensore di Doina Matei. “Devo dire che il sistema carcerario ha funzionato bene riportando la pena inflitta a livelli accettabili e proporzionati all’omicidio preterintenzionale e anche calibrandolo sulla figura di Doina e sul dramma che ha vissuto. Quando il fatto avvenne – ha aggiunto il penalista – la mia assistita aveva appena compiuto 18 anni ed aveva un vissuto difficile alle spalle con due figli. La donna ha ora il diritto di reinserirsi nella società”.