di Claudia Sarritzu
Il giorno dopo la chiusura del Giubileo, Papa Francesco è tornato a sottolineare che la misericordia “non può essere una parentesi della vita della Chiesa”. Lo ha fatto attraverso la lettera apostolica Misericordia et misera, firmata dopo la messa conclusiva dell’Anno Santo e resa nota ieri, 21 novembre 2016. Il pontefice nella missiva ha dato nuove disposizioni ai sacerdoti come quella di assolvere chi ha procurato l’aborto.
O almeno così si evince dai media nazionali. Ma cosa ha realmente detto e fatto Papa Francesco?
La scrittrice Michela Murgia, Premio Campiello, autrice di libri di successo come Il mondo deve sapere, Accabadora, Ave Mary, Chirù, di formazione cattolica (in passato è stata educatrice e animatrice nell’Azione Cattolica nel ruolo di referente regionale del settore giovani), ha meglio spiegato in questa intervista l’azione di Bergoglio in merito all’aborto.
Il lettore medio cattolico o meno, senza competenze canoniche adeguate, che legge un giornale in queste ore crede che il Papa abbia compiuto una rivoluzione in merito all’aborto. È vero?
C’è un equivoco clamoroso sulla vicenda, basta leggere i titoli di alcuni quotidiani per fraintendere l’operato del Papa. Quello che Francesco ha fatto non è una modifica sull’azione che continua a essere qualificata come peccato mortale con scomunica latae sententiae, sancito dal catechismo della Chiesa cattolica. Sia ben chiaro che cambiare il catechismo è molto più complicato di cambiare la Costituzione italiana, per intenderci. Quello che ha fatto Bergoglio è una modifica di procedura, cioè quando una persona abortisce volontariamente o collabora a un aborto volontariamente è comunque fuori dalla Chiesa perché riceva la scomunica latae sententiae.
Cosa significa latae sententiae?
Vuol dire che è l’atto stesso che lo scomunica, non c’è bisogno di un tribunale ecclesiale per stabilirlo . Fino a questo momento per riuscire a togliere quella condizione di esclusione completa dalla vita della Chiesa era necessario rivolgersi al vescovo ordinario. Cioè dovevi andare a confessarti dal vescovo perché era l’unico che poteva toglierti la scomunica. Il parroco non bastava. Papa Francesco ha tolto la giurisdizione unica ai tribunali vescovili per affidarla ai confessori parrocchiali, quindi chiunque commetta aborto può andare a confessarlo nella sua parrocchia, non ha bisogno di farsi ricevere dal vescovo.
La dottrina quindi non cambia.
No, altrimenti si sarebbero sollevati decine di cardinali e metà mondo cattolico. Il fatto però che lui lo abbia “semplificato” ha un significato, sta dicendo: guardate che non è un peccato più speciale di altri. E’ una semplificazione della procedura non una depenalizzazione. Se mi basta andare dal parroco che mi conosce questo passaggio avviene più facilmente. Il messaggio è: la misericordia di Dio non è irraggiungibile.
Una modifica quindi non dottrinale ma pastorale?
L’aborto resta il più grave di tutti i peccati che si possa commettere dopo il sacrilegio sull’ostia consacrata. Resta più di un semplice omicidio perché viene perpetrato su una creatura innocente che non può difendersi e di cui hai la responsabilità. Il Papa anche se avesse voluto non poteva depenalizzare l’aborto, perché c’è tutta la tradizione della Chiesa contro, non potrebbe farlo da solo, rischiamo, se non capiamo bene la sua azione, di attribuirli un merito o un demerito (a seconda dei punti di vista) che non ha. Il massimo che lui poteva fare era questo: far passare di mano il processo dicendo “guardate che è ordinaria amministrazione questa”.
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