Cappato: mi sono autodenunciato, ma andremo avanti

Si è commosso, Marco Cappato, parlando di fronte alle telecamere all'uscita dalla caserma dei carabinieri di Milano.

Marco Cappato
Marco Cappato
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28 Febbraio 2017 - 17.24


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Lo aveva annunciato su Twitter:Alle 14:45 vado dai carabinieri ad autodenunciarmi per ‘l’aiuto al suicidio’ di Fabo”. E lo ha fatto. Marco Cappato, dell’Associazione Coscioni, che ieri aveva dato in rete la notizia della morte di Dj Fabo, si è presentato dai carabinieri in caserma a Milano. “Il mio obiettivo è portare lo Stato ad assumersi le proprie responsabilità. Entrerò e racconterò i fatti come sono andati”, ha aggiunto il tesoriere dell’ associazione Luca Coscioni, che ha accompagnato Fabiano Antoniani, 40 anni, tetraplegico e non vedente da tre anni in seguito a un incidente stradale, in Svizzera per il suicidio assistito.
Se ci sarà l’occasione di difendere davanti a un giudice quello che ho fatto, lo farò in nome di principi costituzionali e libertà fondamentali, che sono più forti di un codice penale scritto in epoca fascista e dove ancora non si fa differenza tra l’aiuto a un malato che vuole interrompere una sofferenza e sbarazzarsi di una persona di cui ci si vuole liberare”.

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“Ho precisato ai carabinieri che ci sono altre due persone che stiamo aiutando” a ottenere il suicidio assistito. “Hanno già avuto il semaforo verde, e hanno un appuntamento in Svizzera”. Cosí il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, uscendo dalla caserma dei carabinieri di Milano dove è andato per autodenunciarsi. “Le aiuteremo entrambe, una economicamente e l’altra materialmente – ha spiegato Cappato – Se non ci fermeranno, vuol dire che lo Stato non vuole prendersi le responsabilità”.
“È il momento di avere buone regole”. Lo afferma Marco Cappato, dopo essersi ‘autodenunciato’. L’auspicio dell’esponente radicale è che, dopo il caso di Fabo “il Parlamento decida. Non si deve lasciare l’esercizio della libertà all’arbitrio del singolo. Devono esserci diritti garantiti per tutti”.

Quanto all’ipotesi di finire imputato a processo, Cappato replica: “Se un processo servisse a creare un precedente per superare le condizioni di clandestinità nelle quali tante persone sono costrette a reagire sarebbe una buona occasione. Se Fabo ha resistito qualche giorno o settimana in più è perchè ha sentito che la sua storia sarebbe servita ad altri”.
“È il momento di porre un punto finale”, ma direi anche “iniziale a una fase dove noi continueremo fino a quando non saremo fermati. E se non lo saremo, diventera’ evidente che lo Stato non ha il coraggio di assumersi le proprie responsabilita’”. Lo dice Marco Cappato dopo essersi autodenunciato ai carabinieri a Milano, sulla vicenda del dj Fabo.

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“Ci sono in Italia- sottolinea Cappato- molte persone che non hanno i soldi o le condizioni per poter andare in Svizzera. Quello che chiediamo non è un po’ di tolleranza per poter fare all’italiana, vorremo poter fare in uno Stato di diritto con un’assunzione piena di resposabilità”. Quindi, prosegue, “noi andiamo avanti. Lo stato si assuma la responsabilita’ di girare la testa dall’altra parte o di darci l’occasione di dimostrare davanti a un giudice che queste azioni sono svolte nel rispetto fondamentale della nostra costituzione di liberta’ e autodeterminazione”. 

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Si è commosso, Marco Cappato, parlando di fronte alle telecamere all’uscita dalla caserma dei carabinieri di Milano dove è andato a denunciarsi per istigazione al suicidio in relazione alla morte di Dj Fabo, ricordando le parole dell’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sul caso di Piergiorgio Welby. Cappato ha spiegato che Napolitano rispose ai radicali “che l’unica cosa che non si poteva tollerare era il silenzio della politica”. “Ora andiamo avanti – ha aggiunto Cappato con la voce rotta dall’emozione – e raccoglieremo fondi per pagare le spese a chi vuole porre fine alle proprie sofferenze”. Una lotta, ha aggiunto il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, che continuerà, “finchè non ci sarà l’eutanasia legale contro l’eutanasia clandestina”. “Quello che noi chiediamo non è un po’ di tolleranza, per poter fare all’italiana”, ha concluso Cappato, “ma un’assunzione piena di responsabilità” da parte della politica.

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