Il corteo dei sindacati per la celebrazione nazionale con i segretari di Cgil, Cisl e Uil Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo è partito dalla Casa del Popolo di Piana degli Albanesi (Palermo) in direzione della Casa del Partigiano, sempre nella località siciliana. In testa al corteo c’è anche la presidente della commissione Antimafia Rosy Bindi. Da qui la celebrazione, che avviene in una giornata di pieno sole, si sposterà quindi a Portella della Ginestra sul Memoriale della strage di 70 annni fa, dove i segretari confederali terranno i propri discorsi.
In piazza anche i segretari milanesi della Cisl, Danilo Galvagni, e della Uil, Danilo Margaritella, oltre, tra gli altri, all’assessore al Welfare, Pierfrancesco Majorino, con la fascia tricolore. Ad aprire il corteo una banda, i gonfaloni di Palazzo Marino, della Città metropolitana, della Regione Lombardia, a seguire le tre sigle sindacali con striscioni e bandiere. Poi ecco il gruppo di Lotta comunista con garofani rossi appuntati all’occhiello.
Un centinaio di persone, soprattutto uomini ma anche donne, di origine egiziana, senegalese, ivoriana e di altre nazionalità, con tamburi, bandiere rosse con la scritta ‘Proletari di tutti i Paesi unitevi’ tradotta in diverse lingue e striscioni come ‘Migranti del mondo benvenuti’ e ‘Basta con gli spacciatori di paura’. Sventolano anche bandiere del Partito comunista italiano e di Sinistra italiana.
Le richieste di ieri e di oggi. Oggi l’urgenza non è come nel 1947 la richiesta dei braccianti di riforma del latifondo, con i latifondisti pronti ad avvicinarsi alla mafia per difendere lo status quo. Ma per i confederali l’allarme è quello di una imprenditoria rivolta allo sfruttamento e alla precarizzazione del lavoro, a volte con gli stessi interessi della criminalità, in un legame tra lavoro, mafia ed elite dominanti che ancora si ripropone dopo 70 anni. L’appuntamento di oggi è un modo per rimettere il lavoro al centro, dell’economia e dell’attenzione della politica, con un richiamo alla lotta contro i soprusi, le disuguaglianze, un richiamo per la giustizia sociale.
“La parola d’ordine di questo Primo Maggio è lavoro. Lavoro come necessità, lavoro che manca, lavoro di qualità, lavoro come risposta ai giovani, che altrimenti sono costretti a fare le valigie”, ha ricordato solo ieri Camusso. “Portella della Ginestra fu una strage contro il movimento contadino, e fu la reazione di un blocco sociale che non voleva la distribuzione delle terre e la riforma agraria. Quindi non solo un tema di schieramenti politici, ma un grande tema economico di quale era la prospettiva dello sviluppo della Sicilia e delle sue possibilità. Se non si legge nella chiave degli interessi che si muovono e si coalizzano rispetto alla collusione, o utilizzazione della mafia, e della criminalità organizzata, si rischia di parlare molto, ma concretamente non cambiare nulla”.
“Bisogna continuare a lottare per affermare i valori della legalità sempre, contro tutte le mafie e contro tutti i soprusi – ha affermato Barbagallo -. In questo senso, anche il mondo del lavoro ha rappresentato un argine alle ingiustizie sociali, ma il lavoro oggi non è giustamente e adeguatamente valorizzato. Il lavoro oggi non è giustamente e adeguatamente valorizzato. Il lavoro è l’architrave su cui è fondata la nostra Costituzione e in cui affondano le nostre radici. Dobbiamo recuperare il senso profondo di quel valore per puntare allo sviluppo di tutto il Paese. Perché questa speranza si trasformi in realtà, occorre cominciare dal nostro Mezzogiorno”. “Il lavoro è il dna dei valori di una comunità e della persona, perché racchiude in sé anche i concetti di solidarietà, giustizia, eguaglianza e crescita di un Paese – ha dichiarato Furlan all’Avvenire -. Certo, l’emergenza di maggiore attualità oggi è proprio il lavoro: la sua mancanza, il lavoro che si perde, che si ha paura di perdere o che non si trova. Al centro del Paese occorre rimettere crescita, sviluppo e ‘buon lavoro’ “.