Il tanto temuto scandalo delle lauree in medicina facili rilasciate da università rumene alla fine è esploso, nuovamente, dopo quello dell’ateneo di Iasi di appena due anni fa. E rischia soprattutto di travolgere, oltre ad otto docenti di due atenei della città di Arad, nell’ovest della Romania, anche decine di studenti che, per potere ottenere l’agognato ‘pezzo di carta’, da fare poi riconoscere nei Paesi d’origine, tra cui l’Italia, sono stati costretti ad ungere – con robuste dazioni di denaro, tutte ovviamente segrete – le ruote di una macchina di cui facevano parte, oltre agli otto professori, anche informatici e personaggi che fungevano da intermediari. Secondo le prime indiscrezioni sull’inchiesta, trapelate dalla Romania e rimbalzate, per motivi che saranno chiari tra un istante, sui maggiori media del nordafrica, le indagini riguardano le modalità con cui hanno conseguito fraudolentemente la laurea studenti provenienti dall’Algeria, dalla Tunisia, dal Marocco, dall’Egitto ed anche dall’Italia. Al momento (anche se l’indagine pare sia ancora nella fase iniziale) nell’inchiesta ci sarebbero 36 indagati: gli otto docenti, tecnici informatici (che avrebbero messo a disposizione dei presunti discenti le loro capacità durante esami a distanza), i facilitatori ed i perfezionatori dei contatti tra la fabbrica di esami fasulli e gli aspiranti medici; alcuni studenti che stanno ancora proseguendo negli studi. L’organizzazione aveva anche un suo tariffario: per superare un singolo esame bastava pagare l’equivalente di 400 euro; superare la prova a distanza che consentiva di ottenere la certificazione di chiusura di un corso didattico costava tra 500 e 600 euro. Ma il massimo della sfrontatezza sarebbe stato raggiunto nel corso di alcuni esami orali che sarebbero stati fatti superare a studenti-paganti che non avevano alcun rudimento del rumeno, la lingua ufficiale del corso di studi e la cui conoscenza, per ovvi motivi, doveva essere propedeutica all’ingresso nella facoltà. Un po’ quello che è accaduto anni fa, in Albania, con la Kristal University, alma mater di Renzo Bossi. Non è stato ancora accertato il giro d’affari dell’organizzazione, che comunque doveva essere corposo: nelle perquisizioni effettuate nelle abitazioni e negli ambienti di lavoro degli indagati sarebbero stati trovati e sequestrati oltre 350 mila euro in contanti, ritenuti parte dell’incasso degli esami comprati dagli studenti truffaldini. Non è comunque la prima volta che il mondo accademico rumeno è al centro di inchieste relative ad una presunta compravendita di esami. Nel 2015 la facoltà di medicina dell’Università di Iasi fu letteralmente travolta da una inchiesta che aveva accertato come essa fosse diventata, grazie alla compiacenza ben retribuita di alcuni docenti, un vero e proprio laureificio. L’inchiesta accertò che il dieci per cento dei fascicoli che riguardavano l’iscrizione ed il corso di studi di 951 studenti stranieri che ambivano alla laurea in medicina erano stati taroccati grazie a voti elargiti con una evidente sopravvalutazione. Il primo effetto concreto dell’indagine furono le dimissioni del rettore. Cosa che, visto quanto accaduto in tempi più recenti nelle due università di Arad, non ha avuto alcun effetto deterrente.
Lauree in medicina farlocche in Romania, tremano decine studenti italiani
Il temuto scandalo delle università dell'est è esploso di nuovo dopo quello dell'ateneo di Iasi di appena due anni fa.
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Diego Minuti Modifica articolo
30 Luglio 2017 - 11.06
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