Dedicato a quelli che pensano che abortire sia come andare a prendere un caffè con un’amica.
Giulia (nome di fantasia), c’era andata proprio con un’amica in ospedale. Del suo racconto ricordo il silenzio intorno a me. Il mondo a un tratto si era spento. C’era solo la sua bocca e il suono della sua voce rotta che mi raccontarono di quell’amore sbagliato con un uomo già impegnato. Un amore a senso unico, lui era stato molto onesto. Lui le aveva detto che non avrebbero mai avuto un futuro, ma Giulia è una donna che la vita se la prende a schiaffoni sulla faccia. Tutte le cose belle e quindi anche tutte le cose brutte. Si era detta, non importa: si tratta di briciole di affetto ma io me le prendo lo stesso. “Mi accontento”. Eppure in tutto il resto non si era mai accontentata, nel lavoro, con gli amici, in famiglia. Una vita da cui aveva ottenuto il massimo. Ma i sentimenti no, quelli erano rimasti un lusso che sembrava non potersi concedere. Era sempre stata brava ad amare ma non sapeva farsi amare. Non sapeva chiedere nulla. Non disturbava, Giulia. Era sempre tre passi indietro al suo cuore.
Ma alla fine quell’uomo onesto che non la illuse mai, lei bassina e magra, ebbe il coraggio di lasciarlo. Usò una scusa, lui non cercò di farle cambiare idea. Giulia ci rimase male, ma questa è un’altra storia. Capitò di lasciarlo quando non arrivarono le mestruazioni. E fu terribile. Sapeva che sarebbe stata sola, sola con quella cosa che cresceva, sia che l’avesse fatta nascere o che l’avesse rispedita nel nulla da cui proveniva, per sempre, per tutta la vita. No, abortire non è come prendere un anticoncezionale in ritardo, come molti bigotti e bigotte meschine affermano con leggerezza. Abortire, che tu sia religiosa o laica, giovane o matura, è sempre un lutto. Stai comunque rinunciando a una vita e lo stai facendo perché non hai altra scelta. Giulia aveva solo paura, era l’unica cosa possedesse.
Voleva molto bene a quell’uomo, non gli disse mai nulla. Restò come macigno nel suo cuore. Un’amica l’accompagnò, fu fortunata, non trovo obiettori. Trovò un personale molto carino, consapevole che quello che stava per fare non lo avrebbe mai dimenticato, non era come prendere un caffè. Le fecero tutti grandi sorrisi e lei li usò come pomata sulle ferite del suo ventre.
Con la sua amica parlarono molto poco, ma si strinsero tanto. Erano due donne, ed essere donna spesso significa anche questo: sesso con conseguenze. Noi scontiamo sempre tutto. A noi non è permesso di sbagliare. La natura non ce lo permette, non perdona. L’amica le disse: non sei sola, è successo a tante. Un giorno troverai chi ti accompagnerà a fare una ecografia per scoprire di che sesso è il vostro bambino. Anche tu avrai una seconda possibilità. Anche tu potrai e dovrai mettertela alle spalle questa mattinata crudele.
Giulia abortì, lui continuò a essere felice con la sua fidanzata. Andò come tutto doveva andare. Imparò, Giulia e anche la sua amica, che le briciole in amore portano solo guai e che per nascere femmina bisogna davvero essere persone speciali. Ci vuole fegato e muscoli per resistere a tutte le prove biologiche che la natura ci ha imposto.
Per fortuna c’è una legge in Italia e in pochi altri paesi al mondo, non perfetta, ma che questa disuguaglianza biologica in qualche modo appiana.
Giulia a volte pensa a quando avrà un figlio, e spera che nasca maschio.
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