Nelle prime ore del 16 ottobre 2009 un piantone della Stazione di Tor Sapienza chiama il 118. L’audio, al momento parte degli atti che il pm Giovanni Musarò ha depositato al processo su Stefano Cucchi, è il seguente: “Abbiamo un detenuto che sta male, dice che ha attacchi di epilessia, ha tremori, non riesce a muoversi. Ha tremori, non riesce a muoversi ma non presenta i sintomi dell’epilessia, è tranquillissimo, ha solo ste cose. Fisicamente sta male di suo”
Poi fornisce i dati: “volete il nome? È nato l’1-10-1978” e l’indirizzo dove deve andare l’ambulanza “via degli Armenti, Stazione di Tor Sapienza”.
L’inchiesta sulle menzogne che hanno avvolto per nove anni il pestaggio di Stefano Cucchi va avanti, e sta portando alla luce una storia “costellata di falsi, da dopo il pestaggio e proseguita in maniera ossessiva anche dopo la morte del giovane geometra” commenta il pm. Gli inquirenti vogliono fare luce sull’attività sistematica di “inquinamento probatorio” e definire quale fu la catena di ordini che hanno disposto l’insabbiamento del caso. Le strade portano ai vertici del Gruppo di Roma all’epoca dei fatti e in particolare sull’attivita’ dell’allora numero due,il tenente colonnello Francesco Cavallo, finito nel registro degli indagati. Cavallo, secondo i pm, è stato il “suggeritore” delle modifiche da apporre all’annotazione di servizio sullo stato di salute di Cucchi. L’ufficiale dell’Arma potrebbe essere presto convocato in procura per essere interrogato. A tirarlo in ballo è stato anche il luogotenente Massimiliano Colombo, comandante della stazione Tor Sapienza dove Cucchi venne trasferito per alcune ore proveniente dalla caserma Casilina, teatro, per ammissione di uno degli imputati nel processo davanti alla I corte d’Assise, del pestaggio del 31enne. Negli atti depositati ieri dalla Procura anche una intercettazione in cui Colombo parla, nel settembre scorso, con suo fratello della vicenda Cucchi. “Se hanno indagato me – afferma al telefono – allora dovranno indagare anche Cavallo, dovranno indagare Casarsa, dovranno indagare Tomasone”. Di fatto la “line” che all’epoca dei fatti guidava l’Arma nella Capitale. Al momento in Procura continuano a ribadire che non sono indagati sia il generale Vitorio Tomasone, attuale numero uno del Comando interregionale dei carabinieri, che il generale Alessandro Casarsa, comandante del reggimento Corazzieri del Quirinale. I due, questo è certo, verranno sentiti nel processo a carico di cinque carabinieri la cui prossima udienza e’ stata fissata al 7 di novembre.