La storia di Violeta ci insegna che bisogna raccontare per capire

Nessuno aveva parlato della giovane madre di tre piccoli, di origine romena, uccisa atrocemente dal suo compagno, italiano. Ma appena la vicenda è stata scoperta c'è stata tanta partecipazione

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Onofrio Dispenza Modifica articolo

8 Novembre 2018 - 17.11


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Oltre cinquantamila condivisioni, e lettori che viaggiano verso i 150mila per la storia di Violeta, la giovane madre di tre piccoli, di origine romena, uccisa atrocemente dal suo compagno, italiano di nascita.
La storia di Violeta, prima relegata nel recinto della cronaca locale, improvvisamente raccoglie un interesse che continua a crescere, che non si ferma. Già stasera, e domani i numeri saranno ancora più alti. Una condivisione che va oltre il gesto del dito pigiato su un tasto del pc, è partecipazione, un doveroso, commosso riconoscimento a Violeta dopo il sostanziale disinteresse di istituzioni e stampa nazionale.
La morte di Violeta, era rimasta un accidente locale, senza un riconoscimento, nient’altro. Chi è oggi nelle istituzioni non è interessato a storie che siano diverse del segno che a loro conviene. Che ci sia stata questa risposta attorno al racconto di Globalist vuol dire che dopo la paurosa desertificazione degli animi, ci sono moti del cuore che si fanno sentire, che riescono a sovrastare il chiasso della volgarità che veste il poco interesse per deboli e marginali, dove deboli e marginali significano anche donne come Violeta, spinta in Italia dall’incertezza del futuro. Come tanti, uomini e donne, oggi troppo sbrigativamente messi in discussione, senza riguardo, come uomini e come donne. Prima  di questo grande abbraccio a Violeta, altri segnali, come la raccolta di fondi, a Lodi, per cancellare la discriminazione in mensa dei piccoli stranieri. E poi la donna napoletana ad apostrofare e stroncare il piccolo razzismo quotidiano di un bullo.
Ora, l’abbraccio a Violeta. Tanta partecipazione è anche un messaggio, che smistiamo ai media, troppo spesso impegnati ad eleggere l’assai mediocre politica parlata a fatto del giorno, a scapito del racconto quotidiano del Paese e del mondo. Capiscano che la Storia è fatta di storie, anche di piccole storie che la gente s’attende, il nostro spirito e il nostro animo ne hanno bisogno. Lisetta Carmi, grande e coraggiosa fotografa della quale in questi giorni c’è una bellissima mostra a Roma, diceva di fotografare per capire. Ecco, bisognerebbe guardare bene, osservare attentamente anche le piccole cose, “fotografare” le piccole storie e raccontarle. Per capire. 

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