Condannati i vertici della Bonatti per il rapimento e la morte di quattro suoi tecnici in Libia
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Condannati i vertici della Bonatti per il rapimento e la morte di quattro suoi tecnici in Libia

Il gup di Roma ha condannato gli imputati accusati di 'cooperazione colposa nel delitto doloso'.

I due tecnici uccisi
I due tecnici uccisi
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22 Gennaio 2019 - 14.36


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Il gup di Roma Maria Paola Tomaselli ha condannato i vertici della Bonatti, la società per la quale lavoravano i 4 tecnici italiani rapiti in Libia nel luglio 2015 a cui seguì la morte di due di loro, Salvatore Failla e Fausto Piano, il 2 marzo dell’anno successivo, nel corso di un conflitto a fuoco.
Le condanne sono: un anno e 10 mesi, con sospensione della pena, per il presidente della Bonatti, Paolo Ghirelli, i due membri del cda, Dino Martinazzoli e Paolo Cardano, e l’ex responsabile Bonatti per la Libia, Dennis Morson. Rinviato a giudizio invece Giovanni Di Vincenzo, altro membro del cda. Tutti erano accusati di ‘cooperazione colposa nel delitto doloso’. Disposta per la società anche una sanzione di 150mila euro.
L’azienda“Con riferimento alla decisione di condanna emessa dal gup di Roma”, fa sapere la Bonatti in una nota, “la società e i suoi amministratori, prendendo doverosamente atto della decisione, si indicano fiduciosi che nel giudizio di appello, che sarà prontamente proposto, emergerà la mancanza di qualsiasi loro responsabilità, considerato anche che la prospettazione giuridica dei fatti sottoposta all’esame del gup della Procura della Repubblica di Roma deve ritenersi nuova ed è meritevole sicuramente di ulteriori riflessioni da parte degli interpreti”.
IsisPer il sequestro dei quattro operai, lo scorso marzo in Libia sono stati arrestati tre cittadini libici, tutti appartenenti all’Isis, i quali hanno ammesso le loro responsabilità. I tre, che si trovavano già in carcere per altri reati, sono accusati di sequestro di persona con finalità di terrorismo aggravato dalla morte di due ostaggi: si tratta di Youssef Aldauody, l’autista che guidava il mezzo sui cui erano a bordo i due italiani al momento del rapimento, e di Ahmed Dhawadi e Ahmad Elsharo. Nella confessione i tre hanno raccontato che il piano di rapimento era stato organizzato per chiedere un riscatto e ottenere soldi per finanziare l’organizzazione terroristica.

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