Traini, un anno dopo Macerata: "Sono pentito di quel che ho fatto e non da oggi"

Il nazifascista militante della Lega che ferì 6 africani per 'rappresaglia' per la morte di Pamela ora usa parole senza odio: "Ho capito che gli spacciatori non sono solo neri, ma anche bianchi. Ho già chiesto scusa".

Luca Traini e Salvini
Luca Traini e Salvini
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3 Febbraio 2019 - 09.25


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Un po’ è pentito, un po’ ci gira intorno. Lui, il nazi-fascista iscritto alla Lega di Salvini che ha seminato il terrore a Macerata sparando a tutti gli uomini di colore che incontrava in mezzo alla strada.
“Il lupo resta un simbolo, la caccia è finita quel giorno. Già quando sono tornato a casa dopo la sparatoria, per cercare la bandiera tricolore, mi sono sentito svuotato, esaurito. Tutto si era compiuto. Ma se sei lupo, lo rimani per sempre”, ha detto Luca Traini, il fascioleghista che un anno fa prese a bersaglio i neri, sparando e ferendo 6 persone.
Ora dal carcere ha detto di essere pentito, “e non da oggi”.
E ha raccontato di cosa l’abbia mosso quella mattina. Voleva essere “il vendicatore”: “E’ stata come un’esplosione dentro di me”, “per me gli spacciatori avevano ucciso Pamela, e gli spacciatori erano loro, i negri. Li chiamavo cosi’. Oggi li chiamo neri. Poi, in questi mesi passati in carcere, ho lentamente capito che gli spacciatori sono bianchi, neri, italiani e stranieri. La pelle non conta”.
“Tutta la mia ideologia politica, Dio, patria, famiglia, onore, ha pesato in quel mix esplosivo – aggiunge -. La tragedia di Pamela ha fatto da innesco”. “L’odio – dice – non nasce per caso, è frutto di tante cose, anche di politiche errate, a danno sia degli italiani che degli immigrati”. Incontrerebbe le persone a cui ha sparato per chiedere scusa: “ho già chiesto scusa durante il processo. Io sono pronto”, conclude.

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Sarebbe anche interessante capire – ma magari un’altra volta – se Luca Traini si senta ancora un fascista, pensa che Mein Kampf sia un libro da dimenticare o se è ancora un punto di riferimento.

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