Uccide il suocero per vendicare abusi sulla figlia, i parenti applaudono fuori dalla caserma

Due i fermati per omicidio aggravato. Gli abitanti, infastiditi, in silenzio. Sul web sostegno al killer

Rozzano
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27 Febbraio 2019 - 09.01


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Escono dalla caserma di Rozzano tra gli applausi dei pochi presenti, una decina di parenti che li aspettano all’esterno. Hanno 35 e 27 anni, piumino marrone uno, nero l’altro, jeans col risvoltino, volto inespressivo. Si sono costituti nel pomeriggio accompagnati dal proprio avvocato e poche ore dopo sono usciti in stato di fermo per omicidio aggravato. Hanno ammesso di essere loro i killer di Antonio Crisanti, il 63enne ucciso con quattro colpi di pistola poco prima delle 18 di ieri in un parchetto accanto al supermercato “Il Gigante” di Rozzano, a sud di Milano.

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A sparare sarebbe stato suo genero, 35enne con precedenti per droga, reati contro il patrimonio, contro la persona e resistenza a pubblico ufficiale. E’ lui a confessarlo al magistrato durante l’interrogatorio: racconta di aver ucciso il suocero perché lo riteneva colpevole di aver abusato della sua bambina di 5 anni.

Episodi che sarebbero avvenuti quest’estate, quando il nonno ha ricevuto l’incarico di occuparsi della nipotina. Quando quest’ultima ha iniziato a rivelare le attenzioni particolari del 63enne, hanno deciso di affidarsi alla procura. La bambina è stata ascoltata in audizione protetta, Crisanti è stato indagato e la famiglia si è spaccata in due.

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Su consiglio di alcuni parenti il nonno si è trasferito a casa di conoscenti a Napoli (era nato nel quartiere Secondigliano) ma nei giorni scorsi, forse convinto che le acque si fossero ormai calmate, è tornato in zona. Ha sottovalutato la minaccia del genero, che secondo i bene informati aveva chiaramente promesso di eliminarlo se si fosse presentato a Rozzano.

Nel suo racconto, il 35enne ha detto agli inquirenti di aver incontrato la sua vittima per caso, escludendo così la premeditazione. Una versione che non convince i carabinieri e i pm Monia Di Marco e l’aggiunto Letizia Mannella, secondo cui i killer avrebbero girato un bel pò con lo scooter proprio in cerca dell’obiettivo.

In ogni caso, poco prima delle 18, lo hanno trovato accanto al supermercato, stava chiacchierando con alcuni conoscenti. Il genero ha urlato il suo nome in modo che il capannello si aprisse e gli lasciasse spazio per prendere la mira. Ha esploso 5 colpi calibro 9×21, quattro dei quali sono andati a segno: due all’addome, uno alla spalla e uno – probabilmente quello fatale – al collo. Un quinto proiettile è stato trovato dagli uomini della Scientifica durante i sopralluoghi.

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Dell’arma non c’è traccia, i due hanno risposto alle domande ma non hanno fornito indicazioni per recuperarla. L’azione di fuoco è durata pochi secondi, poi il 35enne è scappato su un SH guidato dal complice, un 27enne incensurato che lavora come manovale alla Fiera. Sulla sua pagina Facebook, sotto la foto profilo, a dicembre un contatto ha scritto “che faccia da killer”. Non immaginava che senso avrebbe avuto solo due mesi dopo.

Abitanti infastiditi, il web con il killer. Nel quartiere in cui viveva il presunto killer che ieri pomeriggio ha freddato l’ex suocero nel parchetto vicino al supermercato “Il Gigante” di Rozzano (Milano), gli abitanti non parlano volentieri della vicenda e anzi, sono quasi infastiditi dall’interesse che la stampa sta rivolgendo alla zona. Un gruppetto di ragazzine, sui gradini di ingresso di uno dei complessi condominiali, chiedono l’ultima sigaretta da fumare prima di rientrare in casa mentre qualche anziana porta a passeggio il cane. “Qui si vive bene, se ci si fanno i fatti propri”, spiega una signora, dicendo di “conoscere solo di vista” l’uomo che avrebbe esploso i colpi verso il suocero per vendicare i presunti abusi sulla nipotina. Per un’altra residente, 43 anni, queste case popolari invece sono “solo un posto dove tornare a dormire” dopo una giornata di lavoro a Milano: “Non vivo il quartiere, non mi è mai successo nulla. Certo, con il buio non esco da sola”, ha detto. Un quartiere difficile, nella periferia a sud di Milano, in cui da sempre ci sono furti, spaccio e occupazioni. Ma non solo: nel 2003, poco lontano da queste vie che portano i nomi di fiori e della primavera, Vito Cosco, che ora ha scontato la sua condanna, sparò all’impazzata per un regolamento di conti per droga e uccise 4 persone, tra cui una bambina di due anni.

Se a Rozzano in pochi parlano, su Facebook si sprecano i commenti in solidarietà del presunto killer: c’è chi vuole dargli una medaglia, in molti ne chiedono l’immediata scarcerazione mentre si leggono solo insulti per la vittima. “Siamo tutti sotto shock per quanto avvenuto ieri sera”, ha scritto sulla pagina Facebook il sindaco di centrosinistra di Rozzano Barbara Agogliati, mettendo però “subito in chiaro che non accettiamo immagini distorte della nostra città, spesso maltrattata con i soliti luoghi comuni. Rozzano è una città complessa sicuramente, e paghiamo, in termini di sicurezza, scelte sbagliate del passato, ma Rozzano è molto di più di un fatto di cronaca nera, perché è una città accogliente, solidale dove la stragrande maggioranza della gente è per bene. Famiglie normali che lavorano e portano avanti la loro vita con onestà”. Il sindaco ha ricordato che le telecamere del Comune “sono state decisive per le indagini” e ha poi lanciato un appello: “Serve un’alleanza vera tra tutte le istituzioni, mi riferisco ad esempio alla Regione che detta la linea politica ad Aler e ne definisce le risorse. Qui ci sono quasi 6000 alloggi popolari, una delle concentrazioni più alte d’Europa. Le risorse che ci vengono assegnate non sono adeguate a questa cifra record. Si fa fatica a tenere il controllo nel quartiere popolare se neanche si sa chi abita negli alloggi occupati abusivamente”, ha concluso.

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