Ieri bigotte e bigotti si sono scagliati contro un cartello tenuto da Monica Cirinnà durante la manifestazione femminista dell’8 marzo. Una valanga di insulti trasversali anche da parte di donne di sinistra incomprensibili e che denotano una difficoltà dell’italiana/o media/o di capire i testi che leggono.
A troppi manca il contesto in cui vengono esposte le frasi. Si tratta del solito analfabetismo funzionale.
“Dio, Patria e Famiglia” è un slogan fascista che spiegava con tre parole per cosa e per chi un italiano e una italiana dovessero vivere negli anni 20 e 30 del secolo scorso.
Un moto da regime totalitario. Non ci vuole una laurea in semiotica per capire che chi ha scritto nel cartellone “che vita di merda” collegato allo slogan non stava offendendo né dio, né la nazione né il concetto di famiglia, ma quella cultura patriarcale che ha rovinato la vita di milioni di donne che per dio e per la patria dovevano sfornare figli ogni anno e avere come unica aspirazione nella vita una famiglia numerosa.
E anche quella di milioni di uomini impegnati in campagne militari di colonizzazione per compiacere i disvalori del duce.
Quindi tutto questo accanimento verso Monica Cirinnà non lo comprendo proprio.
I nemici delle donne sono altrove. Ve lo ricordo mentre perdete tempo con il fuoco amico.
Dio, Patria e Famiglia: lo slogan fascista di una società retrograda
Nulla da dire su Dio, patria e famiglia come concetti separati, ma insieme sono il moto di una società totalitaria e allineata ai disvalori di Mussolini. In pochi però lo hanno capito.
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Claudia Sarritzu Modifica articolo
11 Marzo 2019 - 09.52
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