Una ragazza chiede di farsi un selfie con Salvini, poi lo contesta. Il ministro reagisce male e subito intervengono servizio d’ordine e polizia che strappano il telefono della donna per tentare di cancellare il video non gradito.
Una donna appende uno striscione contro la Lega (la Lega è una vergogna, frase della canzone O Scarrafone di Pino Daniele, ndr) arriva la polizia a casa e le intima di toglierlo se non vuole passare guai.
A Roma, nel mezzo della calca aizzata dai fascisti di CasaPound, un razzista urla ad una donna che con un bambino in braccio cerca di entrare nella casa che legittimamente le è stata assegnata “troia, ti stupro” e nessuno dice nulla, né lo identifica.
L’impressione è che ormai si viaggi su un doppio livello. Da una parte la tolleranza zero e dall’altra la connivenza cento.
Un po’ come gli sgomberi. Mano dura con chi non ha nulla e con i disperati mentre CasaPound continua a farsi gli affari suoi nella sede occupata senza nemmeno aver pagato anni di bollette, generosamente fatte pagare da #primagliitaliani.
Una situazione insostenibile che, se dovesse continuare, ci farebbe lentamente ma inesorabilmente scivolare verso le pratiche che vediamo nei paesi autoritari e non pienamente democratici.
Contestare i porti chiusi e la xenofobia dilagante è un dovere. Ma è un dovere altrettanto importante protestare per questa gestione dell’ordine e della sicurezza che non appare nulla affatto equanime. Di esempi se ne potrebbero citare tanti.
Prove tecniche di regime? No, grazie. (E. Con.)
Argomenti: matteo salvini