De Ficchy: "Politica, affari e magistratura: il problema esiste ed è grave"
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De Ficchy: "Politica, affari e magistratura: il problema esiste ed è grave"

Il Procuratore di Perugia (in pensione da pochi giorni) parla della sua esperienza in magistratura: "Bisogna cambiare le regole al fine di evitare contiguità tra magistratura e politica".

Luigi De Ficchy
Luigi De Ficchy
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Gianni Cipriani Modifica articolo

16 Giugno 2019 - 09.11


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Tantissimi anni in magistratura, 43 per la precisione, in pensione da due settimane. Luigi De Ficchy ha lavorato a lungo nella Procura di Roma come sostituto, occupandosi, tra le altre cose, della Banda della Magliana e delle Brigate Rosse.
Poi alla Procura Nazionale Antimafia prima di essere nominato procuratore capo a Tivoli. Infine procuratore capo di Perugia da dove, proprio poco prima di finire il mandato è stato il protagonista di due inchieste che hanno avuto grande impatto mediatico, come lo scandalo della sanità in Umbria e, ultimo, il caso Palamara-Csm che proprio in queste ora sta creando tanti sconquassi.

Di queste inchieste, ovviamente, non parleremo, anche perché il lavoro dei magistrati non può e non deve essere giudicato in termini di popolarità mediatica, ma di ciò che in concreto giorno dopo giorno hanno fatto per far funzionare – quando possibile – la macchina giudiziaria. 
Ovviamente le inchieste sono in corso e ci sono ragioni di opportunità e, soprattutto, di segreto istruttorio.

Durante la sua carriera in magistratura i filoni sui quali hai più lavorato sono stati di terrorismo, mafia e politica e affari. Qual è la vera emergenza di questo paese?

Vanno distinti i periodi storici e i fenomeni.

Solo per quanto riguarda il terrorismo si può parlare emergenza:   dalla fine degli anni 60 (strage di piazza Fontana)  alla fine degli anni 80  c’è stata l’emergenza del terrorismo rosso e nero. Attraverso il contrasto operato dalle istituzioni democratiche del Paese tali fenomeni sono stati sconfitti.

Da circa 10 anni si é  cominciato a prendere coscienza che anche nel nostro Paese è necessario affrontare il terrorismo islamico trattandosi di un fenomeno globale che non risparmia alcun Paese Occidentale.

Al contrario la mafia non è certo un fenomeno emergenziale trattandosi di un fenomeno che nelle sue caratteristiche attuali inizia con l’Unità d’Italia. Da allora il fenomeno va ritenuto  permanente anche se in un breve periodo sotto il fascismo sembrò inabissarsi per poi riemergere con prepotenza alla fine della seconda Guerra mondiale.

Per cui per la mafia non è corretto  parlare di emergenza in quanto è permanente il suo intreccio con le Istituzioni, con la politica e gli affari.

Va inoltre considerato che l’attività delle organizzazioni mafiose è sempre diretta  ad acquisire la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di appalti e servizi pubblici o, comunque, profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri.

Le organizzazioni mafiose si propongono di conquistare il controllo non solo di attività puramente criminali (come, ad esempio, il traffico di stupefacenti o di armi) ma anche di notevoli fasce di attività formalmente lecite.

E’ importante sottolineare a questo proposito   che le attività  formalmente lecite non vengono esercitate come mera conseguenza e come copertura delle attività criminali, ma come uno sbocco naturale di queste nell’ambito della visione imprenditoriale mafiosa. Il delitto è quindi strumentale alla conquista di potere economico ed anche politico.

Ci sono le mafie tradizionali e poi ci sono le nuove mafie, ossia l’influenza dei gruppi stranieri nella delinquenza. Albanesi, nigeriani, cinesi, russi: sono gruppi criminali rivali ovvero possono esserci delle contiguità, ad esempio nel traffico di droga e di esseri umani?

Negli ultimi venti anni il tessuto criminale del Paese ha subito cambiamenti significativi sotto la spinta di nuovi consorzi criminali stranieri alimentati dall’immigrazione irregolare di extracomunitari. Il territorio italiano ha pertanto assunto la fisionomia di un laboratorio criminale in cui coesistono e si manifestano le espressioni più avanzate delle organizzazioni criminali straniere che interagiscono progressivamente in maggiore misura con le organizzazioni criminali italiane.

Il consolidarsi del loro radicamento territoriale non porta più i gruppi criminali a dividersi in maniera rigida le attività di particolare elezione, ma a connettersi tra di loro al fine di mettere gli uni al servizio degli altri le proprie capacità criminali.

Si sono sviluppate in tal modo agili forme di interconnessione tra aggregati delinquenziali, in precedenza legati al territorio e non comunicanti tra di loro, dando luogo ad un sistema criminale integrato che ha la sua più importante caratteristica nella transnazionalità dei suoi componenti e nella varietà delle sue attività delinquenziali.

Come si muovono?

Le organizzazioni criminali straniere si muovono sul nostro territorio su due particolari direttrici interconnesse fra di loro: da una parte le attività illegali di produzione e di trasporto di beni mobili, quali la droga e gli esseri umani, che vengono trattati come oggetti, dall’altra le infiltrazioni nelle attività legali. In tale situazione una posizione sempre più dominante viene ad assumere il modello dell’organizzazione di stampo mafioso che grazie alle sue tradizionali caratteristiche dimostra di possedere la massima flessibilità e idoneità a variare il suo impegno nei settori che si presentano più redditizi.

Si sono pertanto potuti realizzare collegamenti tra componenti criminali del tutto eterogenei, quali narcotrafficanti e terroristi, mercanti di armi e sistemi bancari e finanziari di riciclaggio di capitali illeciti.

Molteplici sono pertanto le interconnessioni con le mafie tradizionali: ne è un esempio la camorra che affitta il proprio territorio alle organizzazioni nigeriane che vi operano il traffico di stupefacenti e la tratta di esseri umani o i legami della mafia russa con Cosa Nostra per il traffico di armi.

Pertanto le organizzazioni criminali sono spesso composte da elementi di varie nazionalità e operano in più paesi realizzando importanti forme di collaborazione.

Le Brigate Rosse sono archiviate. Ultimamente l’Italia è preoccupata per la presenza di elementi legati al radicalismo islamico. Quali possono essere i rischi?

E’ necessario governare il fenomeno immigratorio cercando di controllare i flussi e di  integrare nel nostro tessuto sociale gli immigrati imponendo il rispetto delle nostre leggi e della nostra cultura , ma rispettando le diversità culturali e religiose.

Altrimenti si rischia di arrivare a una situazione simile a quella francese dove il fenomeno immigratorio non è stato controllato e dove gran parte della popolazione di origine magrebina sente di avere meno diritti del resto dei francesi con la conseguenza di esplosioni incontrollate di violenza e con una partecipazione significativa al fenomeno del radicalismo islamico violento.

Attualmente il rischio maggiore è dato dai  combattenti di ritorno dalla Siria e dall’Iraq che vanno individuati dalla nostra polizia e dalla intelligence prima che possano compiere attentati nel nostro Paese.

In Germania gli 007 sono preoccupati per un’estrema destra sempre più aggressiva. Anche in Italia possono esserci rischi oppure si tratta di fenomeni isolati?

Ritengo che le nostre forze dell’ordine e la nostra intelligence debbano sempre seguire attentamente anche tali fenomeni che sono spesso collegati alle attività violente nascenti dal tifo degli Ultras nel calcio. Alcuni gruppi in tale ambiente evidenziano livelli di organizzazione che non sembrano più totalmente spontanei ma potrebbero nascondere suggeritori allo stato occulti.

Senza entrare nelle indagini in corso, in generale esiste un problema irrisolto tra politica, affari, nomine e interferenze con la stessa magistratura?

Esiste ed è grave. E’ dovuto ai troppi momenti di contiguità tra  politica e magistratura che con poche riforme non sarebbe difficile eliminare.

Basterebbe eliminare per i magistrati tutti gli incarichi fuori ruolo eccetto quelli presso il Ministero di Giustizia e stabilire che chi si candida per un incarico politico elettivo non può più fare il magistrato.

Bisognerebbe poi dare regole precise e cogenti al Csm per il conferimento degli incarichi direttivi.

Si usa spesso il temine P2. Ma al di là delle semplificazione, c’è un ruolo della massoneria e di altre lobby nel malaffare in politica, nella pubblica amministrazione e in economia?

Se parliamo di società segrete con finalità devianti il nostro Paese ne è ancora fortemente influenzato in molti settori della attività pubblica, nella direzione delle maggiori imprese e nelle scelte della politica.

Io personalmente nel corso dei miei 43 anni di carriera, anche recentemente, ho curato molte indagini in proposito.

Questo succede in particolare nella vita economica e politica di alcune città e regioni del paese dove le società segrete si sono sviluppate senza trovare un efficace contrasto negli apparati statali.

Bilancio finale, dismessa la toga: com’è cambiata – se è cambiata – la magistratura da quando lei è entrato fino ai giorni nostri?

La magistratura non è un corpo separato della società e risente nel bene e nel male di tutti i suoi cambiamenti.

Desidero affermare che non esiste una crisi della magistratura che è sana e operosa nel suo complesso, me che è necessario cambiare le regole che la governano  al fine di evitare quelle contiguità citate tra magistratura e politica.

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