Era il capo del pool Mani Pulite e, soprattutto, fu in magistrato che nel nome della Costituzione respinse l’attacco berlusconiano alla giustizia portato avanti nel nome del garantismo che, in realtà, altro non era che una volontà di impunità per una classe politica ancora inquinata da scandali e connivenze.
Resta famoso il suo “resistere, resistere, resistere” .
Francesco Saverio Borrelli è morto nell’hospice dell’Istituto dei Tumori di Milano, dove era ricoverato.
Borrelli era nato a Napoli il 12 aprile del 1930, era entrato in magistratura nel 1955 e quasi tutta la sua carriera si è svolta nelle aule del tribunale di Milano, fino a quel suo discorso da procuratore generale della Corte d’Appello, nel 2002, che si concludeva con una parola ripetuta tre volte, un appello per l’indipendenza della magistratura rimasto famoso: “Resistere, resistere, resistere, come sulla linea del Piave”.
Accanto a lui fino all’ultimo momento la moglie Maria Laura e i figli Andrea e Federica, che aveva scritto su Facebook un lungo post che faceva già presagire la fine. Da Mani Pulite alla Scala, la carriera e le passioni di Francesco Saverio Borrelli
Scriveva la figlia Federica: “Ti tengo la mano e insieme alle lacrime che non ho il pudore di nascondere, scorrono i mille ricordi di quanto vissuto con te. Mi vedo seduta sulla canna della tua bicicletta azzurra, sento ancora il freddo dell’acciaio sulle mie gambe infantili, vedo le mie mani grassocce che stringono il manubrio, come mi dicevi tu, per non cadere e non sbilanciarci. Ricordo l’ansia del distacco quando mi lasciavi all’asilo per consegnarmi alla signorina Carla. Ma non solo… ricordo le prime versioni di latino tradotte insieme, ricordo il tuo aiuto magico per il maledetto Isocrate e per i filosofi greci, anche all’Università, ricordo il regalo di maturità, le gite sui Monti della nostra Courmayeur, i litigi, le sgridate, l’ultima pochi giorni prima del matrimonio, ricordo che non hai mai smesso di trasmettere tutto ciò che per te valeva la pena trasmettere. Nel mio momento più buio ci sei stato, amorevole, quando nacque Sofia, quando mi sono ammalata mi hai portato in giro per capire cos’era questa maledetta malattia. Mi mancano il tuo arguto senso critico, che si parlasse di filosofia, letteratura, musica, storia e arte. Mi manca il suono del tuo pianoforte che giace orfano del tuo talento, come orfani siamo noi. Papà vorrei averti potuto e saputo dare tutto quello che mi hai dato, per sempre”.