Piccole storie di povertà nel Sud che continua ad essere dimenticato
Top

Piccole storie di povertà nel Sud che continua ad essere dimenticato

La povertà non è racconto d'altri tempi a Palermo come in altri angoli della Sicilia, come in tante realtà del Sud. Dalla Sicilia, dalla Calabria e dal resto del Mezzogiorno

Palermo
Palermo
Preroll

Onofrio Dispenza Modifica articolo

22 Agosto 2019 - 09.50


ATF

A Palermo, Via dei Biscottari è una delle strade degli antichi mestieri. Era la strada dei forni, il profumo dei biscotti appena sfornati andava oltre l’angolo, saliva ai piani alti. Quartiere Ballarò, qui c’è una Palermo, più in là l’altra città, quella dei turisti. Nella stessa strada, miseria e nobiltà, con Palazzo conte Federico ancora abitato dagli eredi di Federico d’Antiochia, uno dei figli del mitico Federico II. In fondo alla strada, ecco l’arco dei Biscotari con l’edicola votiva di un Ecce Homo particolare. In questi vicoli non si è perso un vecchio detto per raccontare la propria miseria e la sofferenza di chi ti sta accanto. Si dice: “Pari l’Ecce Homo di li Viscuttara”, perchè il Cristo di Ballarò è rappresentato assai smagrito in viso e molto sofferente. Qui la povertà non è racconto di altri tempi, è cronaca. Come quella che racconta la morte di una bimba di due mesi. “Morte naturale”, dice la cronaca, morte naturale di una vita che non era certo cominciata nel modo migliore. La piccola viveva ed è morta in un magazzino buio e senz’aria dove era costretta a campare la famiglia. E se la piccola non fosse morta, la cronaca non avrebbe detto di quella famiglia chiusa come in una topaia, nel cuore di Palermo. 
Sì, la povertà non è racconto d’altri tempi a Palermo come in altri angoli della Sicilia, come in tante realtà del Sud. Dalla Sicilia, dalla Calabria e dal resto del Mezzogiorno di va via – lo abbiamo riletto in questi giorni – vanno via i giovani, sia quelli che possono contare solo sulle proprie braccia, sia quelli che hanno un sapere, una professione. Che tanto potrebbe servire a cambiare qui le cose, E invece, via,  al Nord, oltre i confini, anche in Continenti lontani.
In Sicilia lo ripetono: il problema non sono i barconi che arrivano, il dramma sono gli autobus che partono dalla Sicilia per l’Europa.
Ci facciamo guidare dalla cronaca. Da Palermo a Raffadali, paese di antica tradizione agricola, a pochi chilometri da Agrigento. Arrivarci da Palermo è un’impresa, la strada è un cantiere da decenni. sarebbe lo “scorrimento veloce”, è una di quelle incompiute che ogni governo che arriva promette di portare a termine. E si va da governo a governo, coi cantieri che di tanto in tanto si fermano e licenziano perché i soldi non arrivano. Poi arriva qualcosa, si riprende a lavorare senza che si intravveda la fine.
Raffadali ha la campagna nel cuore. Ci vorrebbe un governo delle cose che proteggesse e incoraggiasse questa antica vocazione. Protezione per chi è rimasto alla terra, incoraggiamento per i giovani a restare, dando loro un motivo di speranza. Gli esempi ci sono, ma la realtà ha bisogno che dagli esempi si passi al “sistema”. Vigne, olio e il pistacchio. Pare che quello di Raffadali sia ancora più buono di quello più famoso di Bronte. Naturalmente al di sopra del tanto pistacchio che arriva sui nostri mercati da altri Paesi del Mediterraneo, a basso costo e magari spacciato per pistacchio di queste contrade, di Bronte. Per farlo conoscere, qui hanno realizzato una sagra, ma i mercati oggi sono smisurati e distanti e non basta l’eco di una bella festa di paese.
Nell’attesa che chi è chiamato a governare si faccia un viaggio anche da queste parti e se ne resti un pò ad osservare, a Raffadali la piccolissima cronaca locale di dice di un’altra storia di povertà, una piccola storia dove la dignità delle persone finisce rapidamente sotto i tacchi.
Quartiere popolare, ai margini del paese. Da una di queste palazzine è partito un appello. A farlo, Maria ( chiamiamola così ). Ha 60 anni, due figlie e un marito che ha perso il lavoro. In casa era l’unico a lavorare, ed era già tanto. Vita di stenti, ma tra mille difficoltà si pagava quel che c’era da pagare. Fino al licenziamento del capo di famiglia. A quel punto, le bollette sono venute al pettine.E così, da un anno e mezzo la famiglia di Maria, 4 persone, vive senza l’acqua in casa, “Girgenti Acque”, la discussa società che fa il bello e cattivo tempo in provincia, ha interrotto l’erogazione. Qualche tempo fa, quando ancora il marito lavorava, a Maria era arrivata una bolletta di arretrati di quasi mille euro. Disperata, aveva ottenuto una rateizzazione, aveva cominciato a pagare, poi il lavoro venuto meno, e per l’acqua non c’era un solo euro per il gravoso piano di rientro dal debito. “Non siamo i soli a doverci procurare l’acqua facendo i salti mortali – dice Maria – In questa palazzina senz’acqua ci sono 4 famiglie. Tante altre in paese…Non posso permettermi di pagare tutto quello che mi chiedono…”. E poi – ricordiamo noi – si deve mangiare, ci vuole il fuoco, ci vuole la luce. C’è chi aiuta, ma non basta. E questo solo per sopravvivere, perchè vivere è un’altra storia, che non ci appartiene, sembra dire Maria.

Leggi anche:  Istat, in Italia 5,7 milioni di persone sono in povertà assoluta: i dati sono in aumento rispetto al 2022
Native

Articoli correlati