Storia di Amit, sfruttato, malnutrito e svenuto per la fame vicino ai campi di verdure
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Storia di Amit, sfruttato, malnutrito e svenuto per la fame vicino ai campi di verdure

Un uomo nota un corpo senza vita lungo l'Appia, a Fondi. Non è la vittima di un incidente ma un lavoratore sikh che aveva perso i sensi stremato da fatica e fame

Protesta dei lavoratori Sikh
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

23 Novembre 2019 - 13.01


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Chi va a leggere “Latina Quotidiano” e a fermarsi su una storia piccola, piccola e pure senza una fine tragica? Nessuno, o quasi. Eppure per come Amit è passato dalla periferia delle news, merita che si provi a raccontarlo, e ad una platea più vasta. Amit è un nome a caso preso dall’elenco dei nomi indiani maschili. Perché lo stesso protagonista di questa piccola e breve storia non ha saputo dare il proprio nome.
Andiamo a raccontare quel che è accaduto qualche giorno addietro.
Fondi, chilometro 118 dell’Appia. Ai margini della strada un automobilista di passaggio nota un corpo apparentemente senza vita. Da queste parti non è raro che operai dei campi, indiani, rientrando in bici, vengano travolti e uccisi. Volontari hanno distribuito giubbotti fosforescenti per limitare i danni, ma gli incidenti continuano. E l’uomo che giace ai bordi della strada, immobile, accanto alla bici, con addosso una coperta che gli copre pure il volto, sembra essere l’ennesima vittima di questa strage. Vittima di un pirata della strada. Il passante chiama i soccorsi, quando arrivano e provano a girare, a muovere il corpo, il giovane indiano sotto la coperta si muove, a fatica, ma si muove. Ha trent’anni circa, è indiano, stordito e malnutrito. Ed è allora che lentamente e con fatica si mettono uno accanto all’altro i pochi tasselli disponibili ai soccorritori. Niente nome, la mente di un corpo stremato non ha la forza di pensare di legare i nodi della memoria. Senza casa e senza cibo, il giovane indiano tra una lunga giornata di lavoro e l’altra, ha dormito nel primo giaciglio disponibile, in bici fin dove lo portano le forze, le pedalate. Quando non ha più forza di spingere la bici, si ferma, si copre e dorme con la pancia vuota.  Questa piccola e breve storia senza una fine tragica, per dire che il mondo dietro l’angolo o sotto casa è anche questo. Facciamo di tutto per far finta di non vedere, di tutto per non sentire l’urlo della fame e dell’ingiustizia. 
Qualche tempo fa, la comunità sikh di Latina, quella che dà il culo per far crescere la verdura e la frutta che arriva nelle nostre tavole, scese in piazza per dire a voce alta come stavano le cose. Qualche notizia, qualche breve servizio televisivo, poi tutto a posto, tutto come prima. Lavorate e pedalate.

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