Dai giudici la verità su Cucchi: è morto solo per le botte e non perché 'drogato'. Chiaro?
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Dai giudici la verità su Cucchi: è morto solo per le botte e non perché 'drogato'. Chiaro?

Le motivazioni dei giudici della corte d'Assise di Roma nella sentenza con cui hanno condannato due carabinieri per omicidio e due per falso

Caso Cucchi
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6 Febbraio 2020 - 17.23


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Smentite decine di bugie e falsificazioni. Stefano Cucchi non è morto perché ‘drogato’, ma è morto per le botte. Solo per le botte. Perché fino al pestaggio dei carabinieri era in buone condizioni fisiche.
Chiaro?
 “Stefano Cucchi, vivendo sino alla sera del 15 ottobre del 2009, in una condizione di sostanziale benessere, se non avesse subito un evento traumatico, cioè un’azione lesiva inferta da taluno, non avrebbe sofferto di molteplici e gravi lesioni, con l’instaurarsi di accertate patologie che hanno portato al suo ricovero e da lì a quel progressivo aggravarsi delle sue condizioni che lo hanno condotto alla morte”. Lo scrivono i giudici della corte d’Assise di Roma in un passo delle motivazioni della sentenza con cui hanno condannato due carabinieri a 12 anni, (Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro accusati omicidio preterintenzionale), e altri due per falso (il maresciallo Roberto Mandolini e Francesco Tedesco).
E poi si aggiunge: “L’istruttoria dibattimentale ha consentito di raggiungere delle indubitabili certezze: a seguito dell’arresto di Stefano Cucchi e, in particolare, in sede di fotosegnalamento presso la compagnia ‘Casilina’ si è verificato un evento traumatico ai suoi danni; a seguito e in ragione di detto evento egli ha subito varie lesioni tali da necessitare con urgenza il ricovero in ambiente ospedaliero; nella specie trattandosi di soggetto in stato di detenzione, presso il reparto di medicina protetta dell’ospedale ‘Sandro Pertini’. Qui, a distanza di cinque giorni, Cucchi è morto.
 Per il caso Cucchi la “catena causale – afferma la corte – che parte, dunque, da un’azione palesemente dolosa illecita che ha costituito la causa prima di un’evoluzione patologica alla fine letale”. Secondo la corte si tratta di “uno schema che, così, corrisponde perfettamente alla previsione normativa in tema di nesso di casualità tra condotta illecita ed evento e che, d’altra parte, rende chiara la differenza tra la mera causalità biologica, secondo la quale nessuna delle singole lesioni subite da Cucchi sarebbe stata idonea a cagionare la morte, e la causalità giuridico penale, nel rispetto della quale il nesso di causalità sussiste se quelle lesioni, conseguenza di condotta delittuosa, siano state tali da innescare una serie di eventi terminati con la morte, così come si è verificato nel caso in esame”.
Va “escluso che fossero intervenute cause sopravvenute da sole sufficienti a cagionare l’evento morte. Non possono considerarsi tali un atteggiamento di scarsa compliance del paziente con gli interventi terapeutici proposti – scarsa adesione che emersa dalle adesioni del personale infermieristico escusso in dibattimento e dalle annotazioni in cartella clinica e sul diario infermieristico – nè la possibilità/probabilità di negligenze nel trattamento medico e/o infermieristico, inerenti scarsi controlli sul paziente, e in particolare sull’andamento della diuresi e sull’efficienza del cateterismo”.
Uso distorto dei poteri di coercizione
E’ indiscutibile che la reazione tenuta da Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo sia stata illecita e assolutamente ingiustificabile. Una azione violenta perpetrata nel corso dello svolgimento del servizio d’istituto, quindi, per un verso facendo un uso distorto dei poteri di coercizione inerenti il loro servizio, per altro aspetto violando il dovere di tutelare l’incolumita’ fisica della persona sottoposta al loro controllo”. E’ quanto scrivono i giudici della corte d’Assise di Roma nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 14 novembre hanno condannato 4 carabinieri al processo per la morte di Stefano Cucchi, tra cui due, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro a 12 anni per omicidio preterintenzionale.
“Il fatto si è svolto in un locale della caserma ove nessuno estraneo poteva avvedersi di quanto stava accadendo, in piena notte ai danni di una persona decisamente minuta e di compressioni fisica molto meno prestante rispetto a quella dei due militari” si legge.

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